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Pino Pipoli. Capsule

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Il 4 Febbraio alle ore 12 a.m. la galleria Doppelgaenger è lieta di presentare la mostra di Pino Pipoli, dal titolo Capsule, negli spazi del Tender, in via Bozzi 73.

L’artista ha scelto gli spazi del Tender to Doppelgaenger per mettere in scena la sua personale capsula del tempo, distillato di un subisso di scatole rimaste chiuse negli anni.

“L’aspetto più rassicurante della gentilezza epistolare, come di ogni rito, è la ripetizione. Niente ci angoscia come il mutamento. Esile passerella tra i due mondi è la variazione: mutamento apparente, che elude la ripetizione, ma per ribadire la continuità” . Giuseppe Pontiggia


Pino Pipoli è un artista dalla formazione e dall’attività multiforme, un latitante interprete della realtà, che assimilando e adottando differenti strumenti di ricerca, non si occupa soltanto di osservare la contemporaneità, ma di stimolarne una più attenta, a volte allarmante conoscenza. Nelle sue opere sviluppa una espressività che si snoda attraverso azioni, visioni scenografiche e sonore, e complesse immaginazioni (Achille Bonito Oliva). Pittura, installazione, video, suono, performance si fondono in ambienti intimi, dove contesti e vita collettiva vengono spiati ed esplorati con un impalpabile equilibrio tra ironia e visioni drammatiche. Nato a Molfetta e cresciuto a Bari, si trasferisce in Germania alla fine degli anni ‘80’, dove presenta il suo lavoro in gallerie, musei e rassegne internazionali di videoarte. Tornato in Italia nel 2002, attualmente vive a Milano e a Livorno.

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On 4 February at 12 a.m. Doppelgaenger art gallery will be pleased to present Pino Pipoli’s exhibition, entitled Capsule, in the spaces of our Tender, via Bozzi 73. The artist has chosen the spaces of Tender to Doppelgaenger in order to set-up his personal time capsule, a distillation coming from a pile of boxes closed for years. 
“The most encouraging aspect of epistolary kindness, as in every ritual, is repetition. Nothing anguishes us as much as mutation. A slender path between the two worlds is variation: illusory mutation, eluding repetition in order to confirm continuity”. Giuseppe Pontiggia

Pino Pipoli is an artist with a complex background and knowledge. A fugitive interpreter of reality, who has assimilated and adopted different research tools over the years, he doesn’t simply concern himself with observing the contemporary scene, but also stimulates a more aware and sometimes alarming knowledge of the problems associated with it. Throughout his work he develops an expression in continuous evolution which laces through scenographic and sonorous visions or pure imagination. (Achille Bonito Oliva). Painting, installation, sound, video and performance blend together in intimate settings, where background and collective life are glimpsed and explored with an impalpable equilibrium between irony and dramatic visions.
Born in Molfetta and growing up in Bari, he moved to Germany at the end of the 1980s , where his work is on show in several galleries, museums and international video art exhibitions. Having moved back to Italy in 2002, he currently lives and works in Milan and Leghorn.


TORRE A MARE_mostra fotografica del Laboratorio di Fotografia 2016

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LAB è felice di invitarvi il 4 Febbraio all'inaugurazione della mostra fotografica "Torre a Mare" evento conclusivo del Laboratorio di Fotografia 2016, presso la Galleria comunale Spaziogiovani, in via Venezia 41 a Bari.

La mostra, a cura di Michele Cera, è il frutto di una campagna fotografica nel quartiere di Torre a Mare e si inserisce in un progetto pluriennale di indagine sui territori costieri della città di Bari.

In mostra saranno esposte fotografie di:
Rosalba Alessi, Claudio Biancofiore, Luciano Caracciolo, Rocco Cecca, Flavia D’Alessandro, Luigi Guastamacchia, Laura Ierardi, Giuditta Matarrese, Filomena Moschetta, Michele Partipilo, Clara Putignano, Marco Ruggieri, Daniela Semeraro, Stella Troccoli, Mara Velati

>>> Inaugurazione Sabato 04 Febbraio ore 18.00<<<

La mostra resterà aperta fino a domenica 12 Febbraio
dalle 18.30 alle 21.00 (chiuso il lunedì)
Galleria Comunale Spazio Giovani
Via Venezia 41 - Bari

Francesco Bosso/iginio Iurilli: White Tale

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Inaugurazione: 25 febbraio 2017, ore 19
Francesco Bosso/iginio Iurilli: White Tale
a cura di Antonio Frugis
Al Museo Pino Pascali, la doppia personale che mette in dialogo uno scultore, Iginio Iurilli e un fotografo, Francesco Bosso, intorno al concetto di bianco, inteso come elemento assoluto, trascendente.

La Fondazione Museo “Pino Pascali” di Polignano a Mare dedica una doppia personale – che inaugurerà sabato 25 febbraio alle ore 19 – a Iginio Iurilli e Francesco Bosso.
Intitolata White Tale, la mostra si configura nel salone centrale del Museo come un dialogo tra uno scultore, Iginio Iurilli e un fotografo, Francesco Bosso, intorno al concetto di ‘bianco’, inteso come assoluto, trascendente, spirituale. Iurilli lavora sul concetto di materia espan...sa con sculture di polveri di marmo, gesso, sale marino, costruendo un alfabeto linguistico mediterraneo. Bosso presenta, invece, una visione minimalista, mostrando il paesaggio in una sublime semplicità. Immagini di una natura in cui il concetto di sacro si dissolve lentamente nel biancore della purezza. La mostra è a cura di Antonio Frugis e il catalogo ospita un saggio del critico Walter Guadagnini. Scrive Rosalba Branà in catalogo “Il mare, l’acqua, il sale sono gli elementi che compongono il dialogo tra uno scultore e un fotografo, un dialogo muto che fa pensare al personaggio di Baricco in ‘Oceano Mare’, Plesson, il quale dipinge il mare con l’acqua di mare e quando sulla tela anche le leggere ombre d’acqua lasciate dal pennello si asciugano e ritorna il bianco, si viene immersi in un silenzio illimitato…”
Nato a Gioia del Colle, Iginio Iurilli studia a Roma presso l’Accademia delle Belle Arti. Nel 1968 si trasferisce a Bari dove comincia a dipingere movendosi nell’ambito della "Nuova figurazione" e ponendo l’accento sulle tematiche ecologiche con particolare attenzione al degrado urbano ed extraurbano, suscitando fin da subito l’attenzione della critica. In quel periodo è presente in diverse rassegne nazionali tra cui il "XXVIII Premio Michetti" e la "X quadriennale di Roma", nella sezione dedicata alle "Nuove generazioni". Nel 1977 decide di concedersi una pausa di riflessione dalla pittura cercando nuove forme espressive. Inizia così la sua ricerca sui giochi dell’infanzia come recupero delle tradizioni popolari e tra gli altri rivisita il gioco della cerbottana, dando vita a suggestive installazioni ludiche enfatizzando al massimo i cartocci realizzati con fogli di quaderno dipinti in modo informale. Dopo un lungo periodo di sperimentazione di nuove tecniche e materiali, realizza (siamo nei primi anni ’90) i primi bassorilievi in legno intagliato ricoperti di sale, di polvere di marmo o di sabbia di deserto e i grandi ricci. È con tali opere che ottiene i maggiori consensi di pubblico e di critica che gli consentono di avere, a tutt’oggi, un’intensa attività espositiva in Italia e all’estero.
Anche Francesco Bosso vive e lavora in Puglia. Si avvicina alla fotografia fin da giovanissimo, apprendendo le tecniche di ripresa e di camera oscura in bianco e nero e approfondendo le sue conoscenze studiando Feininger, Langford, Adams e Weston.

Il lavoro di reportage ha caratterizzato i primi progetti, realizzati attraversando il Kenya, il Sudafrica, lo Zimbawe, il Botswana e la Tanzania, viaggi che si sono poi concretizzati nella pubblicazione di “Swahili” (Electa). Nel 2003 inizia, invece, un “viaggio” in Basilicata nei luoghi della sua adolescenza, realizzando il libro “Sassi e Calanchi”, in collaborazione con la Provincia di Matera. I suoi frequenti viaggi in Cina gli consentono di visitare regioni remote di questo grande Paese come lo Yunnan e lo Xinijang, focalizzando l’attenzione sulle numerose minoranze etniche in un lavoro intitolato China Crossing pubblicato da Castelvecchi. L’esperienza americana e l’incontro con Kim Weston, nipote del maestro Edward, ha influenzato i lavori degli ultimi anni, mentre la collaborazione con John Sexton e Alan Ross, assistenti di Ansel Adams, ne ha raffinato la tecnica di stampa. Il suo lavoro, negli ultimi anni, si è concentrato sul bianco e nero. In occasione della 56. Biennale di Venezia (2015), è stato protagonista di una mostra personale al Centro Culturale Candiani, dove si è autodefinito interprete della natura selvaggia in bianco e nero.
Il catalogo della mostra ospiterà i testi di Rosalba Branà, direttrice del Museo Pascali, Antonio Frugis e del critico e curatore Walter Guadagnini.

Inaugurazione: 25 febbraio 2017, ore 19
La mostra rimarrà aperta fino al 7 maggio 2017.
Orario: dal martedì alla domenica ore 10-13 / 16-21. Lunedì chiuso.
Tel. 080.424.9534 - 333.2091920
(La biglietteria chiude mezz'ora prima del museo - biglietto 2 euro più eventuali riduzioni a chi ne ha diritto).
Amici del Museo Pascali: Baldassarre Motors, Carrieri Design, Fai – Delegazione Bari, Ognissole.

FONDAZIONE MUSEO PINO PASCALI
VIA PARCO DEL LAURO 119 - 70044 POLIGNANO A MARE (BA) - PH/fax: +39 080 4249534
www.museopinopascali.it
press: Santa Nastro +39 3928928522
snastro@gmail.com

Cristiano De Gaetano. Speed of Life

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Inaugurazione: 25 febbraio 2017, ore 19
a cura di Christian Caliandro

Al Museo Pino Pascali, un doveroso omaggio all’artista scomparso nel 2013 a soli 37 anni. La mostra si snoda nelle sale del Museo Pino Pascali come un racconto vivo che spazia dalle opere più note dell’artista in cera pongo, alle più intime e meno conosciute ceramiche.

La Fondazione Museo “Pino Pascali” di Polignano a Mare dedica una mostra antologica – che inaugurerà sabato 25 febbraio alle ore 19 – a Cristiano De Gaetano, originale e talentuoso artista nato a Taranto nel 1975 e scomparso nel 2013 a soli trentasette anni.
Il progetto espositivo, curato da Christian Caliandro, ripercorrerà le tappe significative della sua ricerca, dagli eso...rdi all’insegna della sperimentazione sui materiali, sui temi e sugli approcci, seguendo il cuore della sua indagine attraverso la messa a punto e l’evoluzione della pittura in cera pongo su sagome di legno, sviluppata in molteplici rivoli e nuclei tematici, fino agli ultimi anni di attività segnati da una sorprendente sequenza di opere in ceramica (esposte per la prima volta insieme in pubblico), che rappresenta al tempo stesso un misterioso ritorno agli inizi, al punto di origine, e uno scarto, una proiezione in avanti.
Tra le opere più importanti in mostra: le stampe fotografiche della serie Size S size L (2004), Nurse (2005), Uncle (2006), Family in the Old City (2007), Woman in Flowers #2 (2007), Ice Age (2007), Collapse (2008), Morgan le Fay III (2008), Brothers (Frida e Giordano, 2009), Ombre (2010) e l’autoritratto in ceramica Untitled (2011).
È un lavoro che si sviluppa all’interno di alcuni nuclei tematici precisi: l’identità vissuta ed esperita come continua mutazione (sulla scorta di quel David Bowie percepito sempre come modello creativo ed esistenziale); l’identità personale, ancora, scavata ed espansa nel tempo, fino a inglobare parenti, antenati, sconosciuti; una memoria “biologica” quindi, una narrazione di ricordi che tende a esorbitare dai suoi confini e ad assumere in contorni di un intero mondo figurativo e simbolico. Un mondo di frammenti, di scaglie, scorie del tempo passato, che si dispone e si ricompone sotto i nostri occhi; che sta passando e continua a passare, in perenne transizione. Un mondo convincente e persuasivo, anche a tratti malinconicamente apocalittico.
Quella di Cristiano De Gaetano è un’opera meravigliosamente circolare e autoconclusa, che continua a pulsare e a interrogarci, a indicare all’arte e alla critica una strada possibile e percorribile. Un approccio – una “disposizione d’animo” – costruito attraverso una relazione costante con la vita, con lo spazio-tempo esistenziale (proprio e degli altri).

I suoi lavori realizzati in un arco di anni così compresso funzionano inoltre (in modo analogo peraltro a quanto era avvenuto, cinquant’anni fa, proprio nella produzione di Pascali) come dispositivi aperti verso direttrici diverse, differenti, alternative e sotterranee della produzione – e della ricezione – artistica del e nel presente. Sono opere che permangono come nuclei radianti, innervati da un’energia vibrante e da una fresca vitalità che costituiscono la cifra della personalità di De Gaetano.
Come ha scritto Don De Lillo a proposito di David Foster Wallace: “Persiste una vitalità, un vigore sbigottito di fronte alla complessa umanità che troviamo nella sua narrativa, alla perdita e all’inquietudine, all’offuscarsi della mete, alla mancanza di fiducia in se stessi. Ci sono frasi che sparano raggi di energia in sette direzioni.”
La mostra è dunque un’occasione importante per riscoprire e approfondire l’opera di uno degli artisti più intelligenti e più selvaggiamente creativi di questo inizio XXI secolo. Questa breve ma intensa vicenda creativa (la quale a sua volta si inserisce in un contesto, quello dei primi anni Duemila, estremamente stimolante per la Puglia) ha toccato una sorgente, una zona nascosta, rimossa e preziosa dell’arte italiana e occidentale che può rivelarsi estremamente feconda per le generazioni artistiche attuali e del futuro prossimo.
Il catalogo della mostra ospiterà i testi di Rosalba Branà, direttrice del Museo Pascali, Christian Caliandro, Antonella Marino, critica d’arte e dello scrittore Marcello Fois.


Inaugurazione: 25 febbraio 2017, ore 19
La mostra rimarrà aperta fino al 7 maggio 2017.
Orario: dal martedì alla domenica ore 10-13 / 16-21. Lunedì chiuso.
Tel. 080.424.9534 - 333.2091920
(La biglietteria chiude mezz'ora prima del museo - biglietto 2 euro più eventuali riduzioni a chi ne ha diritto).
Amici del Museo Pascali: Baldassarre Motors, Carrieri Design, Fai – Delegazione Bari, Ognissole.

FONDAZIONE MUSEO PINO PASCALI
VIA PARCO DEL LAURO 119 - 70044 POLIGNANO A MARE (BA) - PH/fax: +39 080 4249534
www.museopinopascali.it
press: Santa Nastro +39 3928928522
snastro@gmail.com

16° PREMIO NAZIONALE D’ARTE CITTÀ DI NOVARA

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16° PREMIO NAZIONALE D’ARTE CITTÀ DI NOVARA
Dal 1al 9 aprile 2017 Broletto Novara Salone Arengo e Sala Accademia
Complesso Monumentale del Broletto
NOVARA


Il Premio Nazionale d’Arte Città di Novara ha un segreto: sa stupire e sa riproporsi ad ogni taglio di nastro. Gli ingredienti di questa ricetta sono la grande passione di chi organizza e la serietà delle proposte.
Il Premio è in primo luogo un miracolo, non perché sia qualcosa di particolarmente importante. Siamo consapevoli che si tratta di una storia come diecimila altre (anche se molto bella), ma per due semplici ragioni.
La prima perché è in dirittura di arrivo per il t...raguardo dei tre lustri ed è realizzato a bassissimo budget (ma veramente bassissimo).
La seconda è che per permettere comunque la realizzazione hanno concorso, oltre a un grande impegno da parte degli organizzatori, un grande aiuto da parte di istituzioni, professionisti, operatori culturali e galleristi che non avevano nessun interesse a partecipare se non la passione per la cultura e per gli eventi sociali.
In questi sedici anni con il coinvolgimento di numerosissimi artisti, il Premio Nazionale d’Arte Città di Novara, ha attivato relazioni, scambi, e progetti divenendo una manifestazione molto partecipata, un grande terreno di confronto per chi vuole mettere in gioco se stesso e le proprie idee, nel comune interesse per l’arte.
Questa sedicesima edizione si terrà a Novara in uno spazio espositivo prestigiosissimo, il Complesso Monumentale del Broletto che per una settimana diverrà un luogo di confronto per l'Arte contemporanea.
Non è poco: grazie ancora agli artisti, alle istituzioni, ai critici d’arte, agli esperti ed agli appassionati, che gratificano la nostra realtà.
Ne siamo lusingati.
Vincenzo Scardigno
Ideatore e curatore del Premio Arte Novara
 
Un Comitato scientifico di altissimo livello:

Giovanni Cordero (Critico d’Arte, Funzionario MIBAC /Regione Piemonte) Presidente di Giuria

Omar Ronda (Artista)

Paolo Manazza (Direttore ArtsLife, Giornalista Corriere della Sera)

Chiara Bovio (Critico e storico d’Arte)

Salvatore Palvetti (Dirigente Liceo Artistico Statale Felice Casorati di Novara)

Nicola Loi (Studio Copernico / Milano)

Alessandra Meneghetti (Curator of contemporary art e Consulente di Comunicazione AndEventi)

Alfredo Mazzotta (Docente discipline scultoree del Liceo Artistico Brera - MI)

Federica Mingozzi (Critico d’Arte)

Veronica Armani (Spazio Vivace / casa d’arte Novara)

Paolo Seraino (Galleria Serart / Reggio Calabria)

Nicola Lisanti (Galleria il Comignolo / Matera)

Vincenzo Scardigno (Ideatore e Curatore del Premio)

 
16° PREMIO NAZIONALE D’ARTE CITTÀ DI NOVARA
 
FINALITÀ
Il Premio vuole essere un momento di riflessione e di confronto tra artisti, critici e addetti ai lavori, per offrire ad un pubblico sempre più numeroso una risposta concreta al bisogno di diffusione dell’arte contemporanea, un appuntamento per allacciare nuovi contatti nel comune interesse per l’arte.
MODALITÀ DI ISCRIZIONE
Gli Artisti possono iscriversi gratuitamente con una sola opera, inviando via mail o via posta il modulo di iscrizione, utilizzando una delle seguenti modalità.
Via mail a: premioartenovara@hotmail.com con l’immagine dell’opera in formato JPG di buona definizione, nominando il file con: nome, cognome, sezione e titolo dell’opera.
Via posta: inviando in busta chiusa o consegnando direttamente alla Segreteria Premio Arte Novara (F.N.S. Via Bovio, 6 - 28100 Novara) una fotografia dell’opera (formato min. cm. 15x20 - formato max. cm. 20x30) riportante sul retro: nome, cognome, sezione e titolo dell’opera. Non spedire l’opera. La documentazione (foto compresa) non verrà restituita.

Per richiedere il regolamento e il modulo di iscrizione inviare una mail a: premioartenovara@hotmail.com

Mountains. Janet Biggs, Rikke Flensberg, Chrischa Venus Oswald, Helena Wittmann

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Muratcentoventidue Artecontemporanea

Mountains
Janet Biggs, Rikke Flensberg,Chrischa Venus Oswald, Helena Wittmann

La montagna non è un elemento soltanto naturale, è al contempo un luogo diverso che ha da sempre esercitato un grande fascino. E’ come se l’altitudine estrema aprisse a orizzonti infiniti oltre i limiti della realtà ordinaria, oltre i confini dello stesso universo.
Attraverso la fotografia e la video installazione, la mostra presenta la montagna come luogo di stimolo per la ricerca artistica e crea una narrazione che invita l’osservatore a confrontarsi con essa.
In mostra le foto e le opere video di quattro artiste: Janet Biggs, Rikke Flensberg, Chrischa Venus Oswald e Helena Wittmann.
Janet Biggs è un’artista americana, nota soprattutto per il suo lavoro nel campo del video, della fotografia e della performance. Biggs sfida il destino ogni volta che crea un video, concentrandosi su atti di estrema fisicità che sono difficili da realizzare e da filmare.
Ha recentemente viaggiato in un ambiente artico estremamente impegnativo attraverso la tundra ghiacciata nelle isole Svalbard per realizzare “The Arctic Trilogy”. Nel suo ultimo progetto esplora la creazione e la perdita di memoria da una prospettiva personale, fisica e scientifica. I suoi lavori, esposti in importanti musei e gallerie in tutto il mondo, mostrano spesso individui alle prese con situazioni o paesaggi estremi. Vediamo motociclisti tentare di superare i record di velocità sulla pista del Bonneville Salt Flats, nuotatori olimpionici di nuoto sincronizzato sfidare la forza di gravità, minatori di zolfo all'interno di un vulcano attivo, o una carovana di cammelli che attraversa il deserto del Taklamakan nella parte occidentale della Cina.
In “Warning shot”, l’opera presente in mostra, Biggs esplora la complessità della condizione umana facendo emergere l’intreccio complesso di libertà e costrizione, eccellenza e fragilità, forza e solitudine.
La osserviamo ammirare le infinite possibilità della natura e subito dopo, nel tentativo di lasciare un segno, tirare un colpo, consapevole che ogni azione umana, che si voglia o no, distrugge l’armonia della natura.
La natura, vista a volte come grembo, altre come luogo minaccioso, è al centro della ricerca della danese Rikke Flensberg, messa in relazione con le caratteristiche e i limiti della vita dell’uomo contemporaneo.
I suoi lavori, esposti anch’essi in importanti rassegne di video arte, si concentrano su un tema, i processi naturali e il rapporto uomo natura, e le reciproche influenze, che ha una lunga tradizione nel documentarismo oltre che nel campo dell'arte. I suoi mezzi espressivi privilegiati sono la fotografia, l’installazione e il video.
Nel video in mostra “ If a Universe Can Be Imagined, It Exists “l’artista lavora con le nozioni di soggettivo contrapposte a quelle di oggettivo come veicolo per l’immaginario. Manipolando foto, suoni e animazioni crea uno spazio onirico, frutto dell’immaginazione, osservato attraverso una finestra , dove un’esistenza interamente soggettiva diviene possibile nella misura in cui essa è stata immaginata. L’artista riflette sulla condizione dell’essere umano, coinvolto e appagato dalla propria esistenza fisica, e riluttante a mettere in discussione l’esistente. Rikke Flensberg guarda all’immaginario non solo come paesaggio utopico, ma anche come paradigma distopico. Esso distrugge tanto quanto crea, ma solo attraverso la sua conoscenza sarà possibile pensare a un mondo diverso e a una comunicazione reale fra individui.
Il linguaggio preferito dall’artista tedesca Chrischa Venus Oswald, il cui lavoro comprende varie discipline, come la fotografia, la video-performance e la poesia, è quello della performance. Nella sua ricerca mette a fuoco da un lato le problematiche che si riferiscono alla condizione umana, dall’altro i codici di comportamento e l’identità dell’individuo nel rapporto con la società nel suo complesso. Il suo lavoro approfondisce in particolare le relazioni interpersonali e l’intimità dei gesti e dei comportamenti degli individui, attraverso un approccio performativo, che mira far riflettere lo spettatore sulle trasformazioni che riguardano la nostra società.
Nella serie di fotografie intitolata "Can’t Escape” l'artista riflette sul fatto che il paesaggio abbia una lunga tradizione nella storia dell'arte, e che sia al contempo un motivo abbondantemente fotografato dai fotografi dilettanti che caricano le loro foto sul web. La natura è così sempre più spesso percepita "di seconda mano" attraverso il mirino. Per il suo progetto era interessata a dare alle immagini digitali immesse nel web, ancora una dimensione fisica trapiantandole in un vero e proprio paesaggio. Così ha realizzato un abito fatto di fotografie di paesaggi montani che ha trovato navigando sul web, paesaggi simili a quello che fa da sfondo-ambiente nella sua fotografia. In questo scenario la persona all'interno della tuta è colta nel tentativo, chiaramente destinato a fallire, di fondere copia e originale del paesaggio, riunendosi con la natura.
Nel video in mostra riflette sulla montagna come luogo mitico, simbolo di prosperità e abbondanza. La video performance MMXVII è vagamente collegata al suo precedente lavoro MMXIII (2013), che si occupa anch’esso di temi come la verginità e la fertilità, la creazione, la morte e la nascita ed è ispirato al mito di Persefone.
MMXVII (2017) riflette sulla natura e sulla fertilità, su miti e rituali, collegandosi al tema del raccolto. L'allestimento ricorda un altare o una montagna - luoghi connessi a culti e miti- in cui venivano fatte le offerte agli dei. Anche il tipo particolare di montagna, il vulcano, è fortemente associato a diversi significati. La performance cerca di sedurre l'immaginazione dello spettatore per condurlo a riflettere sul genere femminile e il potenziale femminile della creazione.
Helena Wittmann vive ad Amburgo e lavora con diversi media, soprattutto film e video. Docente presso l’Accademia di Belle Arti di Amburgo, il suo lavoro è stato esposto a livello internazionale in mostre e film festival.
Nella sua pratica artistica gli interni domestici, per lo più stanze semplicemente arredate, costituiscono molto di più che le sedi nude di una trama. Lei interroga e contestualizza i confini di queste stanze, in esse, con esse, su di esse e lungo di esse. I suoi video richiedono una pianificazione dettagliata e preliminare perché è interessata in particolar modo a quello che penetra dall'esterno all’interno di uno spazio definito: la luce, il rumore, la gente. Il soggetto delle sue opere attuali è la percezione spaziale dell’oceano. Le nuove opere sono frutto della collaborazione con l'antropologa Teresa Giorgio e il sound artist Nika Breithaupt.
Nelle sue installazioni video la ricerca sul suono ha sempre avuto un ruolo significativo, come nel lavoro in mostra “Later” che è uno dei primi realizzati dall’artista.
Nel video, ambientato a Quixadá in Brasile, il sole va giù e l'oscurità si rivela attraverso sottili strati di luce sulla montagna, che in ultimo vediamo cadere nel buio. La luce continua al suo interno. Mentre il giorno diventa notte, l’inquadratura nel video rimane la stessa. L'immagine, però, cambia continuamente. La relazione tra il primo piano e lo sfondo è alterata dalla nebbia e dal passaggio della luce.
L'oscurità nel suo video non è solo assenza di luce. È chiaramente udibile.

Si ringrazia per la collaborazione la galleria Cristin Tierney , NewYork,NY.


Sede
Muratcentoventidue-Artecontemporanea
Via G. Murat 122/b – Bari
Inaugurazione
Sabato 11 febbraio 2017, ore 19.00
Periodo
11 febbraio – 31 marzo 2017
Orario di apertura dal martedì al sabato o su appuntamento
dalle 17.00 alle 20.00

Info
334.8714094 – 392.5985840 -3938704029
mailto:info@muratcentoventidue.com

EDUCATION/EXHIBITION/SCREENING
Janet Biggs ha conseguito la sua laurea al Moore College of Art, e svolto gli studi universitari al Rhode Islanda School of Design.
Ha tenuto mostre personali e proiezioni di film al Musée d'art contemporain de Montréal; Hirshhorn Museum and Sculpture Garden; Art Fair Armory; Tampa Museum of Art; Sculture Glaskasten Marl; Museo Herbert F. Johnson of Art; Mint Museum of Art; Everson Museum of Art; Gibbes Museum of Art; Rhode Islanda School of Design Museum; e l'Istituto di Perth of Contemporary Arts, in Australia; tra gli altri.
Il suo lavoro è stato presentato nella prima Biennale Internazionale di Arte Contemporanea di Cartagena, Colombia; al Musée d'art contemporain di Lyon, in Francia ; al Museo d'Arte Vantaa, in Finlandia; al Linkopings Konsthall, in Svezia; al Oberösterreichisches Landesmuseum, in Austria; al Kunstmuseum di Bonn, in Germania; Museo d'Arte Contemporanea a Roma, in Italia; e al Museo Nazionale di Belle Arti di Taiwan .
Recensioni del suo lavoro sono apparse sul New York Times, il New Yorker, ArtForum, ARTnews, Art in America, Flash Art, Artnet.com, e molti altri.
Biggs è stata la destinataria di numerosi grants e supporti finanziari incluso “the Electronic Media and Film Program at the New York State Council on the Arts Award” , the Arctic Circle Fellowship/Residency, Art Matters, Inc., the Wexner Center Media Arts Program Residency, the Anonymous Was a Woman Award, and the NEA Fellowship Award.
Il suo lavoro è in importanti collezioni : Fonds Régional d'Art Contemporain (FRAC), Languedoc-Roussillon, France; the Zabludowicz Collection, London; Skulpturenmuseum Glaskasten Marl (Ruhr Kunst Museen), Marl, Germany; the Tampa Museum of Art, Tampa, FL; the High Museum, Atlanta,GA; the Herbert F. Johnson Museum of Art, Cornell University, Ithaca, NY; Mint Museum of Art, Charlotte, NC; the Gibbes Museum of Art, Charleston, NC.; and the New Britain Museum of Art, New Britain, Connecticut.
Janet Biggs lavora con Cristin Tierney Gallery , New York, CONNERSMITH, Washington, DC, Analix Forever Ginevra, in e Galerie Anita Beckers (Blink Video Art) ,Francoforte.
Rikke Flensberg vive e lavora a Copenaghen in Danimarca.
Ha studiato alla Malmø Art Academy in Svezia. 2015 - Fra i suoi studi (2015 ) POETIK Creative Writing KUA
(2013 )Niels Bohrs Atomteori i moderne Perspektiv/ Atomic Theory in a Modern Perspective
(2012) Kort & Dokumentar Film Skolen AVID & Visuel Fortælling / Visual Narrative
(2010) KEA Medieværksted / KEA media workshop
Flensberg è stata vincitrice di numerosi grants inclusi The Danish Art Council, Residency grant (2015),The Danish Art Council production grant (2011-2014-2015),The Danish art Council Working grant (2012), The Nordic Culture Point, Mobility support 2012.
Fra le sue principali mostre di gruppo e video festival: Projekt Imago Mundi, Benetton Foundation./ FOKUS 2014 / videokunstfestival Nikolaj Kunsthal ( DK ) ; Open House 1-dags-kunstfestival B-Huset HC. Ørstedsvej 65 ( DK ); “ Absence in Presence “ Halmlageret Ny Carlsberg, (group exhibition) Copenhagen.
Fra le sue principali personali : DARK “ BABEL Visningsrom for Kunst / Trondheim (NO) 2015; Parallel Perception “ Gallery Muratcentoventidue Bari ( ITALY) 2014; “ Life is Beautiful, Full of Illusions and Lies “ Green Is Gold Studio GIG CPH ( DK ) 2012.
Chrischa Venus Oswald è un artista tedesca, nata in Baviera nel 1984, che attualmente vive e lavora tra Berlino e Lisbona.
Ha terminato i suoi studi Arte Belle presso l'Università di Arte e Design di Linz (A) con un diploma con onore in 2011th
Nel 2007, lei ricevuto il Diesel New Art Award Austria per la fotografia - nella cui giuria era incluso l’artista Erwin Wurm. Il suo lavoro è esposto e proiettato in varie mostre nazionali, nonché internazionali ed è incluso in collezioni private, tra gli altri, la raccolta di video di Manuel de Santaren.
I suoi video sono stati selezionati in vari Festival di video arte come Proyector Videoart Festival, Madrid (ES), , FUSO Videoart Festival, MAAT, Lisboa (PT), Femmes 'Video Art Festival 2, Pizzo, Los Angeles (Stati Uniti), in più - Percorsi sperimentali "- Festival per il cinema sperimentale e video arte, D21, Lipsia e 2 ° OZONO Video International Art Festival, Katowice, Polonia.
Ha esposto nel 2012 in "The Eye of The Collector" opere selezionate della collezione di Manuel De Santaren, Villa delle Rose (MAMbo), Bologna, e nel 2014 in "Family Matters" con Sophie Calle, Nan Goldin, Hans Op de Beeck, Thomas Struth Jim Campbell, John Clang, Guy Ben-Ner, Courtney caldaia, Ottonella Mocellin + Nicola Pellegrini, Trish Morrisse, Palazzo Strozzina, Firenze.
Helena Wittmann è nata 1982 a Neuss in Germany . Vive e lavora ad Amburgo con differenti media, in particolare film e video.
Ha studiato spagnolo alla Friedrich-Alexander-University di Erlangen and e all’Università di Amburgo.Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Amburgo (Prof. Corinna Schnitt, Robert Bramkamp, Jeanne Faust and Angela Schanelec) dove attualmente lavora come assistente.
Tra Il 2013 e il 2015 ha ricevuto numerosi premi e borse di studio : (Working grant for Fine Arts, Hamburg ) Karl H. Ditze Award HFBK - Award Hamburgische Kulturstiftung for21,3°C Main Award Experiment (Int. Shortfilmfestival Flensburg) for WILDNIS (THE WILD) Scholarship Studienstiftung des deutschen Volkes (German National Academic Foundation) Project Funding for WILDNIS (THE WILD) by Freundeskreis der HfbK Hamburg.
Fra le sue ultime mostre e partecipazioni a videofestival : “LichtSpielRaum”, AKKU, Stuttgart “Incertitudes”, Goethe Institut Marseille, France “New Talents Biennale Cologne”, Cologne “Komma”, Kunstverein Springhornhof, Neuenkirchen “Kinship”, Kunstverein Harburger Bahnhof, Hamburg, “Beyond The Surface”, Laborneunzehn, Berlin “Films about Somewhere”, Galerie Schneeeule, Berlin FICIC Festival Internacional de Cine Independiente de Cosquín, Argentina “The Darkness Collection”, Circulo de Bellas Artes, Madrid, Spain “Your Skin Makes Me Cry”, Kuandu Museum of Fine Arts, Taipei, Taiwan “Incertitudes”, Goethe Institut Paris, France “New German Video Art”, Alternative Space, Seoul, Corea “Your Skin Makes Me Cry”, Goethe Institut Chicago, Chicago, USA “The Darkness Collection”, Punto de Vista Filmfestival, Pamplona, Spain.

Cinque Mostre – Vision(s)

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Tomaso De Luca view of the show The Passive Vampire, 2016, rubber, synthetic hair, aluminum, 

varnish, plastic, variable dimension, courtesy the artist and Monitor, Rome


Torna il 14 febbraio 2017 (inaugurazione alle ore 18) e fino al 5 aprile, l’appuntamento con Cinque Mostre, la mostra annuale che vede protagoniste le opere dei Rome Prize Fellows, degli Italian Fellows e degli artisti invitati. Guest Curator per il 2017 è Ilaria Gianni, curatrice indipendente, che, per il secondo anno ha concepito un percorso espositivo diffuso negli spazi della American Academy in Rome. Il progetto, che raccoglie diverse attitudini e prospettive di ricerca, mette in relazione, con interventi site-specific, il lavoro di artisti residenti presso l’American Academy in Rome e di artisti italiani e internazionali non residenti, valorizzando l’aspetto multidisciplinare e laboratoriale dell’Accademia, con il suo approccio che guarda ad arti visive, musica, letteratura, produzione audiovisiva, design, architettura, innovazione tecnologica.

Gli artisti e gli studiosi coinvolti sono: Gregory Bailey & Kristi Cheramie, E.V. Day, Tomaso De Luca, Gabriele De Santis, Kyle deCamp, Stanislao Di Giugno, Hussein Fancy (in collaborazione con Jonathan Berger, Caroline Cheung, Leon Grek, Enrico Riley, Joseph Williams e gli Accettella-Teatro Mongiovino), Piero Golia, Robert Hutchison; MODU - Phu Hoang e Rachely Rotem (in collaborazione con Jonathan Berger, Hussein Fancy, Jack Livings, Christoph Meinrenken, Matthew Null), Emiliano Maggi, Annalisa Metta (in collaborazione con Jonathan Berger), Nicole Miller, Nicola Pecoraro, Michael Queenland, David Reinfurt, Enrico Riley, Danielle Simon (in collaborazione con E.V.Day e Zazie Gnecchi Ruscone), Yasmin Vobis & Aaron Forrest.

Prendendo spunto dal termine multiforme "Visione", e sottolineando i suoi aspetti fisico-percettivi, politici, soprannaturali e mistici, la mostra, intitolata VISION (S), esplora le strategie che gli artisti e gli studiosi impiegano per riconfigurare la nostra percezione del mondo. Questa mostra collettiva riunisce diversi approcci e modi di vedere, che traggono la loro ispirazione dal presente, da fatti provenienti dal passato, e da previsioni del futuro.

Impiegando varie strategie, compresa la traduzione, la storia, le performance, l'intuizione poetica, la finzione o il misticismo, le opere mettono in discussione le nozioni di cultura, provenienza e appartenenza.

VISION (S) offre un incontro tra le indagini personali degli artisti e degli studiosi coinvolti, un saggio dei loro processi creativi e lo sguardo esterno dello spettatore, spesso già influenzato o compromesso.

La mostra si snoda attraverso un filo conduttore non lineare, sfidando esclusivamente il desiderio degli spettatori di capire attraverso la vista, con le opere che si confondono tra stili e generi.
Ogni contributo agisce come un'apparizione unica, proiettando il visitatore in un'esperienza in cui non si interagisce passivamente, ma si partecipa in maniera operativa ad una nuova dimensione, diventando vittime e produttori di visioni stesse.

In tal modo, le opere ci ricordano che il rapporto tra ciò che vediamo e ciò che sappiamo non è mai risolto (John Berger, Modi di Vedere, 1972), scatenando un nuovo processo di ricerca di senso, tra immaginazione e consapevolezza. Il realismo e la sua ordinaria, profana visione del mondo sono superati dalla fantasia e dalla profezia, dall'intuizione e dall'illusione. Entrambi - autori e spettatori - diventano costruttori di mondi, attraverso una diversa interpretazione e costruzione del reale.


VISION(S) ospita inoltre il progetto La più geniale tra le maschere (The Most Brilliant Amongst the Masks), una mostra curata dall’artista Gabriele De Santis, con Ilaria Gianni. Artisti e autori provenienti da differenti campi – Gundam Air, Cornelia Baltes, Elisabetta Benassi, Roberto Coda Zabetta, Tomaso De Luca, Gabriele De Santis, Sean Edwards, Anna Franceschini, Zazie Gnecchi Ruscone, Grossi Maglioni, Isabell Heimerdinger, Lauren Keeley, Emiliano Maggi, Jonathan Monk, Pino Pasquali, Gianni Politi, Ruth Proctor, Francis Upritchard, Alessandro Vizzini, Bedwyr Williams – costruiscono una indagine sulla maschera di Arlecchino, uno dei protagonisti principali della commedia dell’arte italiana, una figura complessa e simbolica che incarna una metafora visionaria.
I suoi attributi sociali, concepiti cinque secoli fa, sono ancora riconoscibili oggi. Le multiformi qualità di Arlecchino: il servo comico, scaltro e avido (zanni); il fedele, paziente, credulone, amoroso cameriere; l’amorale, anche se buono nello spirito; l’infernale e oscuro demonio della notte (da qui l’origine del suo nome Hölle König - Re degli Inferi - poi Helleking, e, infine, Arlecchino). Tutti questi aspetti diventano una scusa per trasmettere una interpretazione variegata dell’idea di maschera, tradotta attraverso approcci formali e performativi disparati. Il visitatore entra in un dietro le quinte, una mascherata, per l’appunto, che rivela la verità all’interno della commedia, il dramma dell’umanità, il dark-side e la vulnerabilità della facciata di un sistema sociale solo apparentemente stabile.


Cinque Mostre – Vision(s). A cura di Ilaria Gianni
Inaugurazione: 14 febbraio 2017 dalle 18 alle 21. Fino al 5 aprile 2017. Visitabile venerdì, sabato e domenica, ore 16 - 19.
Il finissage è previsto per il 4 aprile con un programma di performance live.

Marques McClary, Responsabile della Comunicazione, Tel: 212.751.7200, ext 342, m.mcclary@aarome.org

Santa Nastro, Rome Press Officer, Tel: +39 3928928522, s.nastro.ext@aarome.org



Pietro De Scisciolo. Gutta cavat lapidem | 水 滴 石 穿

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Inaugurazione dell'installazione artistica di Pietro De Scisciolo a cura di Liliana Tangorra

10 febbraio 2017 ore 19.00 
Cantina Sociale Luca Gentile, Via Grumo 1, 70020
Cassano delle Murge, BA

L'Apulia Land Art Festival chiude ufficialmente la sua IV Edizione dal titolo “Gutta cavART lapidem”, e lo fa continuando il suo lavoro di portare l'arte fuori dai comuni schemi e invadendo luoghi spesso ameni all'arte, come le aziende. Dopo le Vetrerie Meridionali di Castellana Grotte, questa volta l'Apulia entra negli inebrianti locali della Cantina Sociale Luca Gentile di Cassano delle Murge dove il prossimo 10 febbraio presenterà al pubblico l'opera d'arte espressamente ideata e realizzata per l'edizione 2016 del festival dallo scultore italiano di fama mondiale Pietro De Scisciolo.

Il concept dell'opera, dal titolo omonimo al tema del Festival, scaturisce da un recente viaggio dell'artista in Cina e dalla fusione di elementi culturali, storici e tradizionali con la nostra civiltà. In particolare, nel progetto confluisce lo studio approfondito della ricerca artistica dell'arte povera italiana. L'unione di questi due tasselli ha dato origine all'opera.

L'ideogramma 水 滴 石 穿 non è altro che la traduzione in caratteri cinesi del motto "Gutta cavat lapidem". Sono proprio questi ideogrammi a divenire opera, in quanto esprimono ognuno un'azione e una materia specifica. 水 acqua, 滴 goccia, 石 roccia, 穿 scavare. Questo famoso motto latino è stato espresso con coraggio per la prima volta in Oriente da un famoso politico cinese, Deng Xiaoping, a cui dobbiamo dire grazie per l'apertura della Cina all'Occidente alla fine degli anni 70. Con questo detto, Deng Xiaoping, si riferiva proprio ai rapporti con l'occidente, e alla sua filosofia di andare piano piano, goccia a goccia...

Sempre in linea con i principi della Land Art, nell'opera – interamente realizzata in ferro - confluiscono poi elementi naturali come l'acqua, la terra e le pietre, utilizzati seguendo quella che è la nostra tradizione civile e culturale. I primi due ideogrammi (acqua e goccia) infatti, richiamando alla mente l'esperienza di Pino Pascali nella sua “32 mq di mare circa”, sono composte da vaschette in ferro entro cui scorre l’acqua. Il terzo (roccia) è realizzato seguendo la ben nota tradizione contadina pugliese della costruzione dei muretti a secco, mentre l'ultimo ideogramma (scavare) è simboleggiato da incisioni e solchi che traforano la lastra di metallo racchiudente l'intera opera.

Il tutto sarà accompagnato da una degustazione, gentilmente offerta dalla Cantina Sociale, dei vini prodotti dalla grande esperienza dei soci viticoltori facenti parte la Cooperativa maturata in circa mezzo secolo di storia nel rispetto del territorio e delle tipicità delle uve autoctone.

Pietro De Scisciolo è nato a Terlizzi (BA) il 17 giugno 1967. Studia presso l’Istituto Statale d’Arte di Corato (BA) sez. ceramica e si diploma scultore nel 1990 presso l’Accademia di Belle Arti di Bari. Ha vinto numerosi concorsi d’arte e realizzato diversi monumenti pubblici tra cui, il monumento a San Rocco per la città di Valenzano (BA), il monumento a Don Tonino Bello, “Convivialità delle differenze” presso Parco Lenoci a Palo del Colle (BA) e il monumento “Memoria e Identità” dedicato ai due martiri terlizzesi trucidati alle Fosse Ardeatine, Don Pietro Pappagallo e Prof. Gioacchino Gesmundo. Dal 2012 è presente in diversi Simposi Internazionali di Scultura. Lavora presso i suoi studi-laboratorio di Molfetta (BA). Dal 2010 ricopre il ruolo di docente di “Tecniche di Fonderia”, per la sezione scultura, presso le Accademie di Belle Arti di Bari e di Lecce e “Plastica Ornamentale, Tecniche Plastiche Contemporanee e Tecniche del Marmo e delle Pietre Dure presso l’Accademia di Belle Arti di Catanzaro.

La Cantina Sociale Luca Gentile è una società agricola cooperativa situata nel Comune di Cassano delle Murge, zona D.O.C. del "Primitivo" (varietà tipica autoctona). E’ una realtà vinicola costituitasi nel febbraio del 1960 da un gruppo di 25 agricoltori, oggi intitolata al suo fondatore e presidente per oltre un trentennio. Attualmente lo stabilimento, che sorge su di un'area di 8.000 mq. circa, accoglie l'uva anche di comuni limitrofi da circa 500 soci vitivinicoltori; i vini che si producono sono il risultato dell'utilizzo di tecniche moderne e innovative ma nel rispetto delle antiche tradizioni. La peculiarità architettonica dell'enopolio è la torre vinaria per lo stoccaggio e l'affinamento dei vini, nata come un’idea innovativa per l’epoca, poiché abbracciava i principi tecnologici derivati dal brevetto “Sernagiotto”, enologo pavese innovatore dell’allora ingegneria industriale enologica.

L'evento è patrocinato dal Comune di Cassano delle Murge e organizzato grazie alla sensibilità e alla collaborazione della Cantina Sociale Luca Gentile Soc. Coop.

L'opera sarà visitabile presso la Cantina Sociale Luca Gentile di Cassano delle Murge dal 10/02/2017 negli orari d'ufficio; per info tel. 080763294.0 7

Con il patrocinio di
Comune di Cassano delle Murge


Contatti direzione@apulialandartfestival.it www.apulialandartfestival.it
Martina Glover, Ufficio Stampa
Email: tglover@tiscali.it Tel. 3403684550

APULIA LAND ART FESTIVAL è un evento di
Associazione UnconventionArt per l'arte mai vista ViaTagliamento 29 - 00198 Roma
Tel. +39 06 8546951 CF 97800940583


Foggia Ugallery 2017

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Progetto nato come strumento di "educazione visiva".
Luoghi urbani presi in "prestito", tra contaminazione e ricerca di nuovi linguaggi, che si elevano a spazio espositivo diffuso in cui riversare e promuovere ad un vasto pubblico le Arti a 360°. Un contenitore artistico/culturale in cui Arti visive, Short Movies, Teatro e Musica vibrino all’unisono in funzione dell’unico scopo a cui mira, un ritorno al dialogo pubblico/artista, un riavvicinamento tra il linguaggio dello spettatore e quello dell’opera d’Arte contemporanea.
Ugallery prende in prestito spazi pop, mutuandone le dinamiche comunicative e interagendo pubblicamente con chiunque intenda esprimere il proprio punto di vista, al di là dei tecnicismi attraverso cui l’Arte, negli anni, si è resa sempre più avulsa dal concetto popolare di fruizione. L’Arte, come megafono, deve essere dotata di mezzi in grado di farne metabolizzarne il ruolo “educativo”, senza il quale ogni città, ogni comunità, ogni civiltà cessa di essere carburante di un meccanismo, diventando di fatto, realtà aride senza possibilità di crescita sociale.



ARTI VISIVE
Delphine Valli
Cristian Biasci
Giuseppe Teofilo
Luca Coser
Mariagrazia Pontorno
Raffaele Fiorella
Alessandro Boezio
Pietro Di Terlizzi
Francisco Cabanzo (Colombia)
Katia Berlantini
Igor Imhoff
Giuseppe Petrilli
Mosè La Cava
Luigi Sardella
Michela Muserra (New York)
Marco Biscardi
Angela Vocale
Alessandro Echevarria (NewYork)
Riccardo Tonti
Francesca Loprieno
Laura Scaringi
Leo Ragno
Valerio Agricola
Rocchina Del Priore
Morena Fortino
Sergio Rubini
Ezio Ferreri
Alberto Reggianini
Maurizio Gabbana
Christian Loretti
Jara Marzulli
Cristina Lotti
Dorian Rex
Eva Belgiovine
Iginio Iurilli
Marina Mancuso
Pietro Mancini
Riccardo Bandiera
Roberta Serenari
Iula Marzulli-Marianna Fumai-Gabriella Cosmo


LIVE SET
H.E.R.
Apulian Blues Foundation
M.U.N.I.
Ciro Famiglietti
SNERV

SHORT MOVIES
ENCOUNTER di Fabrizio Rinaldi
GIOCO DEL SILENZIO di Virginia Mori
LORISdi Matteo Fania
STRIPES di Marco Adabbo
U SU' di Mimmo Mancini
SOTTO CASA di Alessio Lauria

7 YOUNG ARTISTS FOR UG
Adriana De Lisi
Angelo Checchia
Federica Tonti
Raffaele Sarcina
Natascia Vocale
Rachele Sabatino
Hui Huang

Padiglione Nuovo Ente Fiera Foggia
dal 24 al 28 febbraio 2017

Candy di Ilaria Clari

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Candy:
il 19 febbraio allo Spazio Meme di Carpi il glossario carnale di Ilaria Clari

Alle ore 17 il vernissage della mostra dell’illustratrice torinese che fa della poesia dei corpi la sua inconfondibile cifra stilistica

Rosa, dolci come confetti o caramelle, ma anche nudi, trasparenti, porosi. Candidamente goffi e ludicamente lubrici, sempre esposti. Singoli o coppie, corpi-radice e corpi materni, membra avvinghiate o liberate, sbocciate. Rotondità ostentatamente impudiche e profondamente innocenti insieme, abitatori di un mondo in cui il voyeurismo ha lasciato spazio a un’adamitica, ma sessuata, innocenza, in cui vita, sessualità e sentimenti non possono concepirsi gli uni senza gli altri: queste le cifre dei corpi di Ilaria Clari, trentunenne l’illustratrice torinese a cui lo Spazio Meme dedicherà una mostra a partire dal 19 febbraio sino al 16 aprile.

Candy, questo il titolo dell’esposizione che, a cura di Francesca Perfreffi, ospiterà 80 opere originali. Le tecniche utilizzate dall’artista sono quelle dell’acquerello (ne saranno presenti 25, di piccolo formato, appositamente realizzate per l’esposizione carpigiana) e dell’acquerello digitale (ogni opera concepita secondo questa modalità sarà creata in tiratura limitata di 10 esemplari), che consiste nella stampa dell’opera, eseguita con tecnica digitale, su carta acquerello Modigliani color panna, alla quale seguono interventi a china marrone o nera sui particolari.

Un’estetica, quella di Clari, che guarda a Quentin Blake, Carol Rama e Kiki Smith, che è l’originale genesi di una tenera sessualità che scandisce in modo altro la grammatica dei corpi e la sintassi dei sentimenti, per sfociare in vaporose stratificazioni di figure rosee, talmente candide nel loro esporsi da essersi liberate anche dall’idea di osceno, per superarla e trascenderla.

Sensualità e bellezza che nulla hanno a che fare con la pornografia, dunque, ma il suo contrario, un anelito di delicatezza – le molte sfumature di quel rosa tenue che, oltre alla nudità delle figure, ne rappresenta l’altra caratteristica più immediatamente evidente - che non rinuncia tuttavia a qualche sferzata piccante di rosso, a virate sul grigio.

Con ironia, con serena determinazione a rappresentare anche i lati più prosaici del prima, del dopo, del durante l'amore. Gli eterei amanti di Ilaria non nascondono svergognate passioni, si masturbano, languidamente godono, defecano e figliano. Ma sempre immersi nella loro delicata tinta rosea.



PROFILO DELL’ARTISTA
Nata nel 1985 a Torino, Ilaria Clari è da sempre profondamente legata al disegno, arte con la quale intrattiene un rapporto di amore e odio.
Il bisogno irrefrenabile di comunicare attraverso il segno diventa “odio” quando si fa vizio difficile da perdere.
Dopo il diploma al primo liceo artistico di Torino - conseguito nel 2004 - Ilaria decide, tuttavia, di abbandonare il mondo dell’arte per seguire strade alternative, periodo in cui abbandona completamente la disciplina artistica.
Nel 2014 il fuoco apparentemente spento torna ad ardere: il bisogno di comunicare su carta ciò che succede intorno a lei diventa un susseguirsi inarrestabile di immagini, illustrazioni e fumetti.
“L’importante – sostiene - è che ogni immagine racconti qualcosa della sua storia”.
I suoi disegni esprimo dei concetti che chiunque riesce a coglierle.
Nel 2016, durante l’evento “LA CAVALLERiZZA IRREALE” espone in una grande collettiva di artisti alla Cavallerizza Reale di Torino con la serie “pink color”.


Per maggiori informazioni consultare il sito internet www.spaziomeme.org 

SPAZIO MEME
Via Giordano Bruno 4
Carpi (Mo)

Walled Gardens in an Insane Eden

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a cura di Marcelle Joseph

Rebecca Ackroyd, Gabriella Boyd, Rhys Coren, Kira Freije, Marie Jacotey, Florence Peake, Zadie Xa

OPENING giovedì 9 febbraio2017|h. 18 - 21
9 febbraio> 25 marzo 2017


PERFORMANCE Voicings di Florence Peake 10 marzo ore 18.30

“È soltanto il panorama esterno a trasformarsi? Quanto spesso, negli ultimi tempi, la maggior parte di noi ha avuto una sensazione di déjà-vu, di aver già visto tutto questo, addirittura di ricordare fin troppo bene queste paludi e queste lagune? Per quanto selettiva possa essere la parte cosciente della mente umana, la maggior parte dei nostri ricordi

biologici è legata a eventi spiacevoli, echi lontani di pericoli e di terrori. Nulla dura più a lungo della paura.” J.G. Ballard, Il mondo sommerso (1962)

In linea con l'umore prevalente nel 2016 dovuto alla perdita assolutadelle certezze politiche in Europa, la mostra a cura di Marcelle Joseph presenta per la prima volta a Roma le opere di sette artisti che vivono e lavorano a Londra.

Appropriandosi di una frase de Il mondo sommerso, primo romanzo di fantascienza di J.G. Ballard e racconto distopico ambientato a Londra, Walled Gardens in an Insane Eden ritrae il mondo in cui viviamo oggi : sull’orlo del collasso, ma pieno di speranza per un futuro meno fragile. Alcune delle opere raccolte per questa mostra possono essere intese come espressione di scetticismo, a partire dai disegni di Marie Jacotey che urlano “No!” e “Non vedi che hai fatto abbastanza danni qui?”, al dipinto di Gabriella Boyd di un uomo che tiene in mano un bicchiere mezzo vuoto, spesso si parla dell’arte come di un catalizzatore di cambiamenti sociali. Gli spettatori possono cercare il lato positivo nel lavoro di Rhys Coren, una nuvola fumettistica dipinta e intagliata, o essere affascinati dalle fiamme nel lavoro tessile di Zadie Xa, simbolo di magia ed epurazione nel suo lavoro che si ispira alla tradizione sciamanica della Corea del Sud. Continuando a pensare all’arte come terapia, Florence Peake rappresenterà con il corpo e con la voce le perdite personali e le preoccupazioni politiche dei vari membri del pubblico durante la performance Voicings il 10 marzo, diventando canale tra luogo immaginario e luogo reale nelle vesti dello spirito collettivo del pubblico. Nell’ultima sala, gli spettatori entreranno infine in un labirinto scultoreo simile ad uno degli ambienti londinesi de Il mondo sommerso di Ballard. Invece di una palude disabitata, insopportabilmente calda e governata da rettili primordiali e da un’aggressiva vegetazione tropicale, ci introduciamo in una giungla urbana più ospitale popolata da parti del corpo e sagome, piccole e grandi, di materiali e colori diversi, dove coesistono armoniosamente i lavori di Rebecca Ackroyd, Kira Freije e Florence Peake.

Possa il vostro bicchiere essere mezzo pieno nel 2017. Gli artisti saranno presenti all’inaugurazione.

Z2O Galleria l Sara Zanin| via della Vetrina 21, 00186 Roma | T. +39 06 70452261 | www.z2ogalleria.it | info@z2ogalleria.it 
Orario di apertura: da martedì a sabato 13:00 - 19:00 (o su appuntamento)


NEI MUSEI DEL SISTEMA ACAMM Omaggio a Mario Cresci Quattro mostre, in occasione della mostra antologica alla GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, per ricordare i lunghi anni spesi in Basilicata

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NEI MUSEI DEL SISTEMA ACAMM

Omaggio a Mario Cresci
Quattro mostre, in occasione della mostra antologica
alla GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, per ricordare i lunghi anni spesi in Basilicata



 
 A partire da venerdì 10 febbraio 2017, il circuito ACAMM (Aliano, Castronuovo Sant' Andrea, Moliterno e Montemurro) rende omaggio a Mario Cresci, una delle voci più interessanti della ricerca fotografica italiana, esponendo, in contemporanea, nei presidi culturali dei quattro paesi, un gruppo di opere  provenienti dalle indagini portate avanti negli ultimi 50 anni, non ultimi quelli spesi in Basilicata tra il 1964 e il 1988, lavorando sui concetti di territorio, memoria e archivio mai disgiunti dai problemi dei vari linguaggi espressivi e della visione.
 
L'occasione viene offerta dalla mostra “Mario Cresci. La fotografia del no, 1964 – 2016”, che la GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo gli dedica, dal 10 febbraio al 17 aprile 2017, attraverso una interessante esposizione, curata da M. Cristina Rodeschini e dallo stesso Cresci, in grado di offrire una panoramica completa della poetica dell’artista, dalle origini del suo lavoro fino ad oggi, evidenziandone l’attualità nel contesto delle tendenze artistiche contemporanee.
 
I suoi lavori sono stati indirizzati ad una costante ricerca e ad un nuovo linguaggio che includesse l'apporto di altri mezzi espressivi come grafica, disegno, video e pittura oltre che performance ed installazione, dimostrando così che la realtà può essere "contaminata". Il critico d'arte Enrico De Pascale, a tal proposito, fa notare come Cresci sia un fotografo poliedrico ed  eccentrico, per il quale risulta difficile applicare l'etichetta di "fotografo puro". Egli non coglie l'attimo ma “pensa e si prepara per i suoi servizi fotografici, studiando schemi ed impostazioni diverse volta per volta, proprio perché è un ricercatore".
 
Gli scatti selezionati per le quattro mostre targate ACAMM, ripercorrono la carriera artistica di Cresci a partire dagli anni Sessanta. Ad Aliano, in Palazzo Caporale, verrà esposto un gruppo di  fotografie tratte dai Ritratti mossi e Ritratti reali, realizzati in Basilicata, tra il borgo di Tricarico e Matera, dove il fotografo approdò in più occasioni ripercorrendo le narrazioni di Carlo Levi e le ricerche antropologiche di Ernesto De Martino. Al MIG Museo Internazionale della Grafica di Castronuovo Sant'Andrea, sarà il manifesto del progetto Vedere attraverso, 1994 -2010 ad aprire la mostra, seguito da un autoritratto dinamico dell'artista e da un gruppo di scatti realizzati nell'ambito dell'indagine Attraverso l'arte. Le riflessioni di Cresci sul tema dell'arte, saranno apponfondite al MAM – Musei Aiello di Moliterno, attraverso un nucleo di fotografie che hanno per soggetto alcune delle opere più interessanti delle collezioni dell'Accademia di Belle Arti e della Pinacoteca di Bologna. Presso la Fondazione Sinisgalli - Casa delle Muse di Montemurro, infine, una serie di scatti dal titolo Tarlatana, ispirati dal motivo linguistico della traccia, affrontato e indagato nei suoi legami con la pratica del disegno, dell'incisione e della stampa congiunta all'attività di ricerca sul segno e sull'immagine derivata da matrice (incisa o fotografica), insieme ai ritratti di due noti esponenti del movimento dell'Arte Povera, Alighiero Boetti e Gilberto Zorio, tratti dal progetto fotografico Percorsi.
 
 
 
NOTIZIE BIOGRAFICHE
 
Mario Cresci nasce a Chiavari (Genova) nel 1942. Nel 1969 realizza la prima installazione fotografica in Europa alla Galleria Il Diaframma di Milano esponendo, nel rapporto tra produzione e consumo, un migliaio di cilindri trasparenti contenenti altrettante fotografie. Nel 1968 e nel 1969, tra Roma e Parigi, collabora con la Galleria l’Attico ed entra in contatto con Pascali, Mattiacci, Patella e Kounellis, realizzando una serie di performance urbane sull’idea del teatro di strada. Nel 1974, alcune sue fotografie sono acquisite dal Moma di New York. Nel 1975 pubblica la ricerca “Matera, immagini e documenti” e nel 1979 il libro “Misurazioni”, a conclusione di due anni di lavoro in un laboratorio-scuola da lui ideato per la Regione Basilicata. Dagli anni Novanta a oggi, dopo aver diretto, dal 1991 al 2000, l’Accademia Carrara di Belle Arti di Bergamo, riprende il suo lavoro d’autore.Varie le tematiche e le sperimentazioni: slittamenti di senso, variazioni, coincidenze e luoghi dell’arte intesi come site specific interni alle città. Dal 1999 al 2001 partecipa al progetto “A regola d’arte”, monumenti futuri a cura di Enzo Biffi Gentili, in mostra a Venezia e, nel 2001, anche a Barcellona. Nel 2004 si tiene alla Galleria d’arte Moderna e Contemporanea di Torino la sua prima mostra antologica, Le case della Fotografia, 1966-2003 a cura di Piergiovanni Castagnoli. Nel 2009 ha curato per il Sole 24 Ore Cultura, il volume “Future Images”, un’ampia ricerca sui giovani artisti che a livello internazionale operano con la fotografia.
 
 
 
Le mostre allestite nei presidi ACAMM rimarranno aperte fino al 17 aprile 2017.
 
 
 
pubblica:
Massimo Nardi
 
 
 

Pio Tarantini_Territori. Visioni e mutazioni del paesaggio salentino

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Associazione Sviluppo Sostenibile Bari
Territori. Visioni e mutazioni del paesaggio salentino
Mostra fotografica di Pio Tarantini
Ex Palazzo delle Poste Bari P.zza Cesare Battisti n.1
16 Febbraio 2017 ore 17,30 La mostra sarà visitabile fino al 3 marzo compreso dalle ore 9.00 alle ore 20.00 escluso sabato e domenica.
© Progetto Grafico di Alessandro Capurso

Pio Tarantini (Torchiarolo [Brindisi] 1950) torna a Bari con una mostra personale presso il Palazzo Roberto Narducci (ex Poste Centrali) dove presenta una selezione di fotografie dedicate al paesaggio pugliese e salentino in particolare. Una parte delle fotografie consiste in immagini del progetto “Le montagne oltre il mare” già presentate negli anni scorsi in diverse sedi pugliesi pubbliche e private ─ tra cui il Museo Provinciale di Lecce (nel 2008) il castello di Monopoli (nel 2009) e recentemente, nell’estate del 2016, presso l’Antico Palmento di Brindisi ─ mentre una parte cospicua è invece costituita da immagini inedite realizzate in anni più recenti.
Organizzata da Pio Meledandri, la mostra vuole mettere in evidenza alcuni aspetti del paesaggio salentino visti con l’occhio dell’autore, tra documentazione e memoria personale profondamente radicata nel territorio dove Tarantini è nato e ha trascorso la sua giovinezza fino al 1973, anno del suo trasferimento a Milano.
La selezione di opere in mostra, complessa e difficile dovendo scegliere un numero limitato di fotografie da un archivio considerevole, è stata effettuata non tanto basandosi su alcuni lavori noti e storicizzati dell’autore ─ tra i tanti “Lecce barocca” del 1983 o “Sere a Sud-Est” del 2001 ─ quanto su aspetti di paesaggio apparentemente minore, dove la rappresentatività dei luoghi passa attraverso frammenti significativi della visione quotidiana.
Scorci di paesaggio con alcuni elementi forti della tradizione paesaggistica salentina e pugliese ─ le luminarie barocche, le pareti a calce in via di estinzione, la matericità dei manufatti di tufo ─ si intersecano in questo modo a particolari e altre visioni ed elementi attuali con forti segni della presenza umana. Questa è declinata sia attraverso sfuggenti apparizioni di figure mosse ─ nell’ambito di una parallela e importante ricerca, “Imago”, portata avanti dall’autore da molti anni ─ ma anche attraverso una presenza umana più realistica, partecipe di alcune situazioni sia di vita quotidiana sia di avvenimenti più caratterizzati, così come in una fotografia emblematica, realizzata nel 2016 durante una festa religiosa, dove in una piazza piena di gente centinaia di mani si alzano con i telefonini accesi a fotografare le luminarie.
È un paesaggio in rapido mutamento, come quasi dappertutto in un Paese economicamente avanzato come il nostro, se pur morso dalla crisi che attanaglia soprattutto il Sud, in cui la lettura fotografica dell’autore si dispiega nella sua preferita luce crepuscolare, tra documentazione diretta e allusione simbolica.

Il 16 febbraio alle ore 17.30 intervengono Pio Tarantini; Dino Borri, docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica del Politecnico di Bari ed Elda Perlino, biologa, ricercatrice del C.N.R..
Porteranno il loro saluto Paola Romano Assessora alle Politiche Giovanili-Università e Ricerca del Comune di Bari e Antonio Uricchio, Rettore dell’Università degli Studi di Bari.

Nota biografica
Nato nel 1950 nel Salento, Pio Tarantini ha compiuto studi classici a Lecce e poi Scienze Politiche all'Università Statale di Milano, dove vive dal 1973. Esponente della fotografia italiana contemporanea in quanto autore e studioso ha realizzato in più di quaranta anni un corpus molto ricco di lavori fotografici esposti in molte sedi italiane pubbliche e private. Ha realizzato una decina di volumi fotografici e le sue ricerche sono state presentate o recensite dai più importanti critici italiani. Dalla fine degli anni ottanta scrive di fotografia collaborando nel corso degli anni con molte riviste; insegna linguaggio fotografico e sulla materia tiene corsi e conferenze. In qualità di saggista ha pubblicato tra l’altro negli anni più recenti due volumi: Fotografia. Elementi fondamentali di linguaggio, storia, stile (2011) e Fotografia araba fenice. Note sparse tra fotografia, cultura e il mestiere di vivere (2014). Sue opere sono conservate presso collezioni private e istituzioni pubbliche tra cui il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.

Febbraio 2017 svilupposostenibilebari@gmail.com

Bari, nello studio di un artista: il corto sul pittore Pierluca Cetera recensione di Antonella Gaeta La Repubblica

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Nello studio di un artista. Una giornata con il pittore Pierluca Cetera nel nuovo film breve firmato da Francesco Dongiovanni. S’intitola Studio e sarà mostrato in anteprima al Torino Film Festival, in programma dal 18 al 26 novembre, nel concorso cortometraggi italiani. In preparazione di un’importante mostra in Cina, l’artista gioiese dipinge "i suoi volti deformati, rigati, commoventi". "Volevo filmare Cetera, artista e amico, al lavoro. Ero curioso di vedere come nascono le sue figure e i suoi corpi. Ne è venuto fuori questo film". A produrlo e distribuirlo, The Open Reel del massafrese Cosimo Santoro, con la Murex di Marco Cardetta. Le musiche sono firmate da Salahaddin Roberto Re David. Per Dongiovanni si tratta di un ritorno a Torino dopo lo scorso anno con Anapeson (Antonella Gaeta)

"ARTE, SCIENZA E MEDICINA" dell'artista Anna Zeligowski

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COMUNICATO STAMPA




ARTE, SCIENZA E MEDICINA

ANNA ZELIGOWSKI
 

La galleria 54 Arte Contemporanea ha il piacere di ospitare la mostra dell’artista Anna Zeligowski dal titolo "ARTE, SCIENZA E MEDICINA" presso la propria sede espositiva in via Baccarini 54, Molfetta (Ba).
Questa nuova esposizione, il cui vernissage avrà luogo sabato 18 Febbraio 2017 alle ore 19:00, vedrà una selezione di disegni realizzati con inchiostro di china, pennino e pastello.

Le opere, popolate da mille personaggi estremamente colorati, affrontano varie tematiche, quali scienza, vita quotidiana, medicina, biologia e molto altro.
Cenni biografici
 

Anna Zeligowski, ebrea di origini polacche, israeliana e ora italiana che vive nel sud del Paese. Tutte queste sono le sue vere identità, così come lo sono il suo genere, la sua professione e i suoi ruoli all’interno della famiglia, con gli amici e nella comunità. Si muove da un’identità all’altra perdendosi tra esse. Tutte queste identità sono intrecciate, come ogni altra cosa nella sua vita, secondo il suo modo di percepirla e quindi di disegnarla.
Ha tenuto mostre in tutto il mondo, partendo da Bari per arrivare a Milano e poi sbarcare in Brasile (Rio de Janeiro), Slovenia (Ljubljana), Israele (Tel Aviv) e Messico (Ciudad de México).
"Non disegno per analizzare me stessa o per esprimere uno stato d’animo.
Obbedisco a una necessità, comunico i miei sentimenti e le mie sensazioni, e li condivido.
Spesso il disegno sembra quasi prendere vita da sé.
Le figure vengono fuori dall’inchiostro domandando di esistere, chiedendo di essere viste e riconosciute come creature viventi, sia che esse siano esseri umani, animali, oggetti o piante. Il mondo mi appare meravigliosamente complesso e sfaccettato. Affronto varie tematiche quali scienza, biologia, evoluzione, medicina, rapporti umani, la condizione della donna e la vita di ogni giorno.
Il disegno è finito solo quando so che tutto è stato detto e che non c’è null’altro da aggiungere.
Infine, arriva l’ultimo momento: la realizzazione della mia firma.
Un piccolo disegno, quasi impercettibile, solitamente in fondo alla pagina; a volte solo una figura, altre volte il mio gemello sulla carta.
E così io, alla fine del mio lavoro, so che quello che ho rappresentato è puro e sincero."


SCHEDA INFORMATIVA

MOSTRA: "ARTE, SCIENZA E MEDICINA"
SEDE: 54 Arte Contemporanea, Via Baccarini - 54, Molfetta (Ba)
INAUGURAZIONE: sabato 18 Febbraio 2017 ore 19:00
ORARI DELLA MOSTRA: dal martedì al sabato: 17:30 – 20:30
DURATA DELLA MOSTRA: 18 Febbraio – 1 Aprile 2017
INFORMAZIONI: Tel. +39 080 3348982; 335 7920658. Sito: www.arte54.it

Ingresso libero
 
pubblica:

Isabel Yellin. Tabula Rasa

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Isabel Yellin
Tabula Rasa

Opening Giovedì 16 Febbraio, 2017_19:00

16_02_2017 > 08_04_2017


Studiolo è lieto di presentare il primo solo-show in Italia dell’artista americana Isabel Yellin (New York, 1987).

Per l’esposizione Yellin costruisce un set di sette corpi informi di pelle sintetica. Riempiti di ovatta e chiusi da cuciture bianche volutamente visibili, sono caratterizzati da una forte matrice tattile ottenuta grazie al progetto del modellato e alle tensioni naturali del tessuto stesso.
Intitolati tutti “Tabula Rasa” alludono ad uno stato zero della conoscenza; soggetti archetipici privati da qualsiasi definizione fisiognomica, assumono la parvenza di individui primari dal contenuto mentale ancora vuoto ma pronti ad accogliere conoscenza e apprendimento esperienziale.
Sono forme volutamente snaturate e ambigue dalle parvenze di manichini o sacchi da box fatiscenti che, appesi senza la tipica catena di sostegno, si poggiano per la prima volta inermi al muro cadenzando ritmicamente il vuoto bianco dello spazio. Le sagome monocromatiche e tridimensionali, modulate nella plasticità e nelle consistenze, sono solcate da pochi tratti di pittura bianca che seguendo i profili e le linee di tensione principali rivelano la coesistenza di un valore scultoreo e pittorico. Yellin sceglie di sviluppare un lavoro carico di connotazioni espressive e allusioni antropomorfe, un processo creativo volto ad attrarre e al contempo respingere, sollecitando sullo spettatore percezioni sensoriali instabili e direttamente legate ad esperienze personali, intime e culturali.
Come presenze plasmate sul pensiero filosofico di Bauman, i sette corpi sembrano assumere l’aspetto di umani abitanti di una “società liquida”, mutilati negli arti e nelle sicurezze, venute meno per convivere e attendere le dinamiche di un mondo frenetico basato sul consumismo e sulla globalizzazione.


Isabel Yellin
New York, 1987 - lives and works in Los Angeles

Studies
2014 MA - Painting - Royal College of Art, London
2011 B.A. (Honors) - Oberlin College, Oberlin

Selected Solo and Two Person
2017, Tabula Rasa, Studiolo, Milan; 2016 You Gotta Be Bad You Gotta Be Good, Rear Window, Peeling, Lock Up International, Istanbul, Pillow Talk, Skibum MacArthur, Los Angeles; 2015 Do a Double Take + All Will Be Clear, Vigo Gallery, London


Selected Group Exhibitions
2016 Someplace Else Right Now, Frank Zappa's UMRK, Los Angeles, Ghetto Anglaise, Observer, Hastings; 2015 VOLUMES, Berthold Pott at Kunstverein Kölnberg, Germany; 2014 Untitled Art Fair, Miami, Group Show, Galleria Nicodim, Bucharest, Brand New Second Hand, Vigo Gallery, London


Studiolo | Via Alessandro Tadino 20, 20124 Milano | mob: +39 338.3032422 | mail to: info@studioloproject.com | www.studioloproject.com

KINOGLAZ di Roberto Paci Dalò

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KINOGLAZ
Una mostra personale di Roberto Paci Dalò

dal 11 febbraio al 25 marzo 2017
opening 11/02 ore 18.30


Mesostic di John Cage per Roberto Paci Dalò:
in two worlDs roberto
the one of nAture and the other
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One


Artista visivo, musicista e regista, Roberto Paci Dalò presenta alla Galleria Marcolini la sua prima mostra di ampio respiro in Romagna. Una mostra nella quale disegno, suono, scultura, film sono allestiti in modo tale da creare un'opera “totale”, intimamente legata al luogo che la ospita. Attraverso luce, proiezione e suono gli spazi della galleria sono collegati tra loro per creare un unico ambiente immersivo anche attraverso interventi site-specific.

La mostra si presenta come un campo elettrico. Un luogo attivato dalla storia e dalle persone. Una stazione ricetrasmittente, un dispositivo che crea vibrazioni, lampi, bagliori, ombre, cadute, mancamenti tra interno e esterno. Un kinoglaz (cineocchio) esplicito omaggio al rivoluzionario cineverità di Dziga Vertov: “Il Kinoglaz…ciò che l'occhio non riesce a vedere...il microscopio e il telescopio del tempo...il negativo del tempo...la possibilità di vedere senza confini né distanze...la vita colta sul fatto” (1924).

Roberto Paci Dalò, attivo da anni sulla scena internazionale, realizza il suo lavoro a partire da suono e disegno, espandendoli in scultura, installazione, musica, film, performance e progetti collaborativi, muovendosi tra istituzione, scena indipendente e pop culture alla guida del suo gruppo Giardini Pensili. Arte, scienza e natura sono le parole chiave del suo lavoro. Pioniere nell’utilizzo di Internet e nell’integrazione tra tecnologie analogiche e digitali, queste sono alcune delle sue aree di lavoro: radiofonia, reti telematiche, persistenza della tradizione classica nel contemporaneo, psicoacustica, robotica, interazione uomo-macchina, elaborazione in tempo reale di immagine e suono, soundscape (paesaggi sonori e ritratti acustici di città), cartografia. Per definire il proprio lavoro Paci Dalò ha coniato le definizioni: drammaturgia dei media e teatro dell’ascolto.

Frequentemente realizza le proprie opere in più campi di intervento, approfondendo aspetti percettivi diversi dello stesso materiale. È così che opere sceniche e musicali diventano sovente pezzi radiofonici o installazioni interattive suono/video e progetti online.

Insieme a spazi consueti (gallerie, musei, teatri...) la pratica del site-specific è una delle caratteristiche più importanti del suo lavoro: abitare i luoghi per trasformarli, spesso insieme a coloro che li vivono (compresi i fantasmi nelle ghost town). Il rapporto con le persone è quindi importante per creare relazioni che – sebbene scatenate dal fare artistico – lo possano anche trascendere attivando collaborazione e partecipazione su più livelli. Tra i suoi riferimenti geografici alcune aree del mondo (e le loro culture) quali Armenia e Georgia (Transcaucasia in generale), Mitteleuropa, deserti del Nord America, Gerusalemme. La frequentazione sistematica di luoghi di culto (in particolare chiese armene, ortodosse cristiane, sinagoghe e moschee) fa parte della sua pratica, mentre un rapporto particolare con l'universo ebraico fa da contrappunto continuo al suo lavoro.

Bio
Roberto Paci Dalò ha presentato i propri lavori, oltre che in spazi canonici (Kunsthalle Vienna, Biennale di Venezia, Ars Electronica Linz, Opera di Vienna ecc.), anche in insoliti luoghi quali: la spiaggia adriatica, con quindici chilometri di diffusione sonora (Publiphono); la Certosa di San Martino, una delle più importanti chiese del barocco napoletano (L'assedio delle ceneri); un edificio di archeologia industriale a Graz (il rave Trance Bakxai); una ex loggia massonica canadese (Western Front Vancouver, Local & Long Distance); un teatro d'opera di Rimini, chiuso dal 1943 e riaperto per due notti soltanto (De bello Gallico); carri armati e mezzi corazzati della seconda guerra mondiale (Deutsch-Russisches Museum Berlin-Karlshorst, Schwarzes Licht); un'icona dell'architettura del Ventennio (Palazzo della Civiltà del lavoro Roma-EUR, Metamorfosi); web (creazione nel 1995 di Radio Lada, una delle prime web radio d'arte).

Ha collaborato con artisti di più discipline: musicisti (Kronos Quartet, Philip Jeck, Terry Riley, Scanner, Robert Lippok, Massive Attack, Almamegretta, David Moss); scrittori (Predrag Matvejevic', Gabriele Frasca); artisti visivi (Maurizio Cattelan, Hermann Nitsch, Robert Adrian X); filosofi (Giorgio Agamben); graphic designer (Leonardo Sonnoli), fotografi (Roberto Masotti, Guido Guidi); attori (Umberto Orsini, Arnoldo Foà, Anna Bonaiuto, Sandro Lombardi). Tra i progetti editoriali recenti il libro Filmnero (anastatica di un taccuino Moleskine) e 1915 The Armenian Files (CD) entrambi pubblicati da Marsèll. Nello stesso anno ha creato per la rivista Edel il poster-edizione Now (for John Cage).

Ha ricevuto il Berliner Künstlerprogramm des DAAD Fellowship (1993) e il Premio Napoli 2015 per la lingua e la cultura italiana. È membro della Internationale Heiner Müller Gesellschaft di Berlino e della British Cartographic Society. Sue opere permanenti site-specific sono visibili presso Göteborg Konsthall (Tunnel Tales), Biblioteca di Esino Lario, Lago di Como (Animagus), Masseria Torre Coccaro e Masseria Torre Maizza, Fasano Puglia (The Conference of the Birds e The Color of Pomegranates), Museo della Città, Rimini (Trame). Insegna presso UNIRSM Design dove dirige Usmaradio.

Roberto è nato a Rimini, cresciuto a Tremosine sul Garda, ed ha vissuto a Berlino, Napoli, Roma con residenze a Vancouver BC.

via Marcolini 25a. Forlì

JHERONIMUS BOSCH E VENEZIA

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Venezia, Palazzo Ducale, Appartamento del Doge 
18 febbraio – 4 giugno 2017 

Vernice stampa Venerdì 17 febbraio 2017, dalle 11 alle 14 

La mostra intende presentare al pubblico veneziano, italiano e internazionale, la grande figura di Jheronimus Bosch, pittore affascinante ed enigmatico, vissuto fra il 1450 circa e il 1516 nella città di Boscoducale (‘ s Hertogenbosch). In occasione del cinquecentenario della sua morte, è stato ricordato con due grandi mostre monografiche, rispettivamente nella città natale di Boscoducale e a Madrid (Prado). Punto focale del progetto veneziano sono le tre opere pittoriche dell’artista – o meglio, due trittici e quattro tavole, di formato verticale – tuttora conservate a Venezia (Gallerie dell’Accademia). Queste tavole sono state oggetto di un intervento di conservazione e restauro recente, un intervento che non solo ha restituito una leggibilità delle opere stesse ma che ha portato alla luce una serie di indizi nuovi che sono fondamentali per riguardare e ri-pensare le molte questioni rimaste in sospeso: sulle origini, il significato, ma anche sull’impatto di queste opere sull’arte italiana. Infatti, Jheronimus Bosch e Venezia risulta un capitolo chiave nell’ iter ancora pieno di punti interrogativi del grande pittore fiammingo, come verrà spiegato, con dati nuovi ed inediti, nella mostra e nel catalogo. Fondamentale, in questa prospettiva, risulta la testimonianza – precocissima – di Marcantonio Michiel, che nomina tre opere del Bosch nella collezione del Cardinale Domenico Grimani – con tematiche, peraltro, che non sembrano essere identiche a quelle dei dipinti attualmente conservate a Venezia -, definendole opere con mostriciattoli, incendi e visioni oniriche. Sono queste le caratteristiche che venivano apprezzate dai collezionisti veneziani e (Nord) italiani in genere, come viene documentato da una serie di pitture di stretti seguaci del Bosch tuttora presenti nelle collezioni veneziane, e che verranno presentate in mostra. 

Inoltre, verrà presentato un contesto del collezionismo veneziano di opere di Bosch “e dintorni” nella Venezia del primo Cinquecento, con una attenzione speciale per la figura di Domenico Grimani. _ Mostra co-prodotta con Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia.

San Marco 1, 30124 Venezia 
Tel. +39 041 2715911 Fax +39 041 5285028
info@fmcvenezia.it



Fabrizio Fontana. Probabilmente Dio è una donna

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Fabrizio Fontana
Probabilmente Dio è una donna

19 febbraio – 30 marzo 2017
Inaugurazione (alla presenza dell’artista): domenica 19 febbraio 2017, ore 19.00-22.00

Carlo Gallerati è lieto di presentare Probabilmente Dio è una donna, una mostra personale di Fabrizio Fontana a cura di Noemi Pittaluga.

“L'osservazione attenta e profonda della realtà contemporanea è il principio da cui parte la produzione artistica di Fabrizio Fontana. L'espressione ludica si associa a questa prima fase creativa che inizia sempre con la scoperta del quotidiano. Le operazioni visive dell'autore sono manifestazioni di diversi linguaggi (fotografia, scrittura, collage, scultura, disegno, pittura), ma i lavori nascono costantemente dall'azione performativa di autoanalisi e di indagine del comportamento umano. Le opere sono un'indubbia dimostrazione di coraggio comunicativo; infatti spesso il linguaggio e l'immagine si incontrano, sottolineando come il gioco e l'ironia siano alla base della poetica dell'artista. Come un attore sul palcoscenico, Fontana sembra mettere in pratica i principi di immedesimazione teatrale del metodo Stanislavskij. I protagonisti ritratti in questo ciclo di quadri sono personaggi che l'autore si sforza di interpretare. Paradossalmente però il contatto con l'identità dell'altro si dissolve con la sdrammatizzazione degli accadimenti che sono incorniciati in un'atmosfera onirica e al contempo burlesca. Oggi mi sento particolarmente figa, Sovrappensiero assisto a una spiegazione e ne altero il contenuto, Devo fare luce su un paio di cose... a proposito devo ancora pagare la bolletta sono affermazioni che ben attestano questa modalità inventiva. Colori vivaci e fluo accompagnano iconografie pop – pistole, teschi, sagome femminili, bambole – che si inseriscono in una consapevole riflessione sulla storia dell'arte. È il momento di mettere in discussione secolari rappresentazioni simboliche del mondo; non c'è polemica ma una solida presa di coscienza e uno sguardo verso il futuro. Così la croce, nell’opera L’ordine m’è utile per ottimizzare gli spazi non è quella gemmata tipica del Medioevo, ma si ritrova moltiplicata in un cimitero: destabilizzare, seppur con atteggiamento rispettoso, la sua funzione primaria sembra essere il nucleo concettuale di Probabilmente Dio è una donna. È quindi tempo di scardinare il dictat benedettino del semplice ora et labora.” (Noemi Pittaluga)

“Fabrizio Fontana (San Pietro Vernotico (br), 1971) crea dei tableau di deciso impatto cromatico e materico la cui ispirazione pop si arricchisce in maniera ogni volta sorprendente di inediti fattori concettuali. Muovendo da una chiara visione dei delicati ingranaggi della società consumistica di massa, Fontana tesse un’articolata trama di intrecci e di rimandi semantici, di intriganti allusioni e di simbolici doppi sensi. La scelta di icone radicate nella memoria collettiva restituisce per un attimo all’osservatore il delizioso retrogusto di un gioco da bambini. Il contraccolpo però è dietro l’angolo: basta guardare con più attenzione per scoprirsi drammaticamente condotti come sull’orlo di un precipizio. La spensieratezza – sembra avvertirci l’artista – non può che durare pochissimo, a meno che pateticamente non si accetti di ridursi a ebeti divoratori dei prodotti somministrati dall’industria.” (Carlo Gallerati)


Fabrizio Fontana
Probabilmente Dio è una donna

A cura di Noemi Pittaluga
Galleria Gallerati (Via Apuania, 55 – I-00162 Roma – Tel. +39.06.44258243 – Mob. +39.347.7900049)
Inaugurazione: domenica 19 febbraio 2017, ore 19.00-22.00
Fino a giovedì 30 marzo 2017 (ingresso libero)
Orario: dal lunedì al venerdì: ore 17.00-19.00 / sabato, domenica e fuori orario: su appuntamento
Da mercoledì 8 a lunedì 13 marzo: chiusura della galleria per partecipazione a MIA Photo Fair
Mezzi pubblici: bus: 61, 62, 310, 542; metro: linea B, ferm.Bologna (da P.Bologna: 400 m lungo V.Livorno o V.M.di Lando)
Ufficio stampa: Galleria Gallerati
Informazioni: info@galleriagallerati.it, www.galleriagallerati.it, www.fontanaf.com

Via Apuania, 55 – I-00162 Roma – Tel. +39.06.44258243 – info@galleriagallerati.it – www.galleriagallerati.it

RENATO MAMBOR. Connessioni invisibili

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Galleria Gruppo Credito Valtellinese
Corso Magenta 59. Milano

Sarà un’ampia retrospettiva dedicata a Renato Mambor, presso la Galleria Gruppo Credito Valtellinese efettorio delle Stelline a Milano, ad aprire la stagione espositiva 2017 presso le gallerie del Gruppo Credito Valtellinese che, oltre alla storica sede milanese, comprendono gli spazi espositivi di Palazzo Sertoli, sede del Credito Valtellinese a Sondrio, la Galleria Credito Siciliano ad Acireale, la Galleria Carifano e lo Spazio XX Settembre a Fano.
Il programma definito per il 2017 viene sviluppato per il tramite della Fondazione che opera per il medesimo Gruppo bancario nel campo del sociale, della cultura e dell’orientamento ai giovani.
L’attività espositiva delle gallerie del Gruppo Credito Valtellinese prevede, annualmente, l’organizzazione e la produzione di una decina di mostre, tutte connotate da due precisi obiettivi: alta qualità e assoluta originalità.
Il campo di indagine continua ad essere quello tradizionale per le Gallerie del Gruppo: il contemporaneo storico, nelle sue diverse espressioni, dall’arte alla grafica, alla fotografia alle arti applicate, arricchito da un nuovo filone di esplorazione: quello dei remake.

La retrospettiva su Renato Mambor, affidata alla curatela di Dominique Stella, rientra pienamente nel progetto culturale delle Gallerie del Gruppo Credito Valtellinese, da alcuni anni dirette da Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra.
Indaga infatti una personalità tra le più originali e complesse del secondo Novecento Italiano e lo fa mettendo in luce, a tutto tondo, la poliedrica figura dell’uomo e dell’artista.

«Voglio fare di tutto, ballare, cantare, scrivere, recitare, fare il cinema, il teatro, la poesia, voglio esprimermi con tutti i mezzi, ma voglio farlo da pittore perché dipingere non è un modo di fare ma un modo di essere». In una frase Mambor così offre una precisa immagine del suo essere artista.

Protagonista della ricerca nelle arti visive dagli ultimi anni Cinquanta, è uno dei primi a sconfinare dalla pittura verso altri linguaggi: fotografia, cinema, performance, installazioni e il teatro, per tornare comunque sempre alla pittura.
Continuando a lavorare sul linguaggio e sugli elementi costitutivi dell'arte, ha avviato una sperimentazione sul rapporto tra organismo e ambiente, tra arte e vita, sul cambiamento dello sguardo e dei punti di vista, sulle relazioni interne ed esterne, su separazione e unità.
Mambor, negli oltre 55 anni di impegno artistico, ha rinnovato instancabilmente le forme e approfondito la conoscenza di sé, inventando dispositivi di comunicazione che coinvolgessero lo spettatore, lasciando opere, anche inedite, di grande valore per la contemporaneità.

Dominique Stella, con Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra, ha selezionato per questa retrospettiva circa 80 pezzi, datati dai primi anni Sessanta sino al 2014, con le ultimissime creazioni. Sono opere che documentano le diverse espressioni, i molteplici linguaggi di Mambor: pittura, fotografia, performances installazioni... testimonianze fotografiche del suo teatro sperimentale.

Il Progetto Mambor delle Gallerie del Credito Valtellinese è completato dalla proiezione di un documentario sull’artista e da una performance teatrale con Paola Pitagora e Igor Horvat.



Coordinate mostra

Titolo
RENATO MAMBOR
Connessioni invisibili

Sedi
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
Corso Magenta n. 59 – Milano

Durata
9 febbraio – 25 marzo 2017

Vernice per la stampa
8 febbraio dalle ore 12.00
Galleria Gruppo Credito Valtellinese

Inaugurazione
8 febbraio ore 18.30
Galleria Gruppo Credito Valtellinese

Orari e ingressi
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
da martedì a venerdì 13.30-19.30
sabato 15.00-19.00
chiuso domenica e lunedì
INGRESSO LIBERO

Informazioni al pubblico
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
tel. +39 0248.008.015

Ufficio Stampa
Studio ESSECI – Sergio Campagnolo
tel. +39 049.663.499

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