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Channel: ARTE CULTURA
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Jana Schröder. Spontacts FX

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T293 è lieta di presentare Spontacts FX, la prima personale in galleria dell’artista tedesca Jana Schröder. La mostra si compone di una serie di nuovi dipinti che sviluppano tematiche già care alla Schröder, come l’utilizzo performativo della pratica pittorica, e la fertile interazione tra luce e colore.

Appartenenti alla serie come Spontacts Paintings, i nuovi lavori della Schröder appaiono come documentazioni visive di gesti spontanei e liberatori. Questi gesti assumono le forme di linee irregolari e di curve che si snodano confusamente su tele di grandi dimensioni, ed indubbiamente presentano un approccio non convenzionale e persino ribelle alla tradizionale pratica pittorica. Somiglianti a scarabocchi o a note frettolosamente trascritte, queste opere sono tutte realizzate tramite tratti di pittura ad olio e matita copiativa che si sovrappongono costantemente ed influenzano l’uno la percezione cromatica dell’altra.

Il contenuto spontaneo ed impulsivo di questi lavori tradisce l’aspetto scrupolosamente processuale che caratterizza tutta la pratica artistica della Schröder. Infatti, queste forme confuse sono il risultato di diversi strati di matita copiativa, le cui linee sottili vengono successivamente rilavorate, o persino completamente rimosse dal tratto pittorico, più concreto e lento. In questo modo diverse temporalità vengono impresse sulla tela, ma senza esaurirsi esclusivamente nei segni presenti in superficie, in quanto le proprietà chimiche della matita copiativa consentono a queste linee di dissolversi gradualmente non appena messe in contatto con i raggi solari. Con l’applicazione della pittura ad olio come strato finale, l’artista fa sì che il segno copiato venga conservato al posto dell’originale, anche se in una versione quasi monocromatica.

Al fine di individuare un nuovo legittimo uso della pittura contemporanea, queste opere non solo producono nuovi significati attraverso il processo di astrazione gestuale che le ha create, ma anche in virtù del loro ricordare azioni semplici e quotidiane, come lo scrivere a mano e lo scarabocchiare. La purezza di forme come la linea o la curva permette alla Schröder di indagare in modo più approfondito la materialità di questi gesti, e di focalizzarsi in particolare su ciò che accade ai segni scritti quando vengono portati ai limiti dell’illeggibilità. Con Spontacts FX, la ricerca di Jana Schröder sui linguaggi estetici della nostra contemporaneità raggiunge una nuova consapevolezza: la sovrapposizione energizzante di diversi strati di pittura e scrittura implica anche la capacità dell’artista di giocare con ciò che resta fuori dal suo controllo, come la metamorfosi cromatica a cui ogni dipinto è destinato dal momento in cui viene esposto.


T293
Via Ripense 6
00153, Roma, Italia
T +39 06 89825614
F: +39 06 89825589
Martedì/Venerdì 14 – 19
Sabato su appuntameto
Per informazioni generali
e-mail info@t293.it

pubblica:

In Luce di Cesare Accetta

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Lunedì 3 ottobre 2016, alle ore 18.00, verrà presentata al Madre l'opera "In Luce" di Cesare Accetta, a cura di Maria Savarese, all’interno del progetto Per_formare una collezione: per un archivio dell’arte in Campania, dedicato nel 2016 alla formazione progressiva della collezione del museo, con particolare riferimento alla funzione museale quale centro di produzione e diffusione delle pratiche d'archivio.

Sulle pareti della prima sala al piano terra del museo scorrono proiezioni video, in cui più di cinquanta volti di autori, attori, attrici, registi, personaggi del mondo dello spettacolo, collaboratori e amici compongono un ritratto della vita professionale e privata dell’artista.
In Luce, dedicato ad Oreste Zevola (1954-2014), si propone come il primo capitolo di un catalogo proiettato verso il futuro e dedicato all’umano, nell’infinita varietà dei tratti e degli atteggiamenti interpretativi.
Come nel complessivo percorso di ricerca di Accetta, anche in quest’opera è fondamentale la relazione con la luce, con la visione che si pone sull’oggetto, luogo dell’esperienza. Sono inoltre evidenti anche alcuni spostamenti di prospettiva e di esposizione, in particolare nella intensa ed avvertita rappresentazione-interpretazione dell’elemento “corpo”: è il volto, in Luce, il luogo offerto all’azione.
I 55 “volti” di In Luce sono: Valentina Acca, Laura Angiulli, Annapaola Brancia D’Apricena, Simona Barattolo, Mimmo Basso, Sonia Bergamasco, Alessandra Bertucci, Monica Biancardi, Maurizio Bizzi, Mimmo Borrelli, Silvia Calderoni, Salvatore Cantalupo, Carlo Cerciello, Antonello Cossia, Angelo Curti, Alessandra D'Elia, Lavinia D'Elia, Marita D'Elia, Antonietta De Lillo, Pippo Delbono, Cristina Donadio, Fabio Donato, Patrizio Esposito, Lino Fiorito, Maurizio Fiume, Marco Ghidelli, Fabrizio Gifuni, Simona Infante, Valbona Malaj, Stefania Maraucci, Antonio Marfella, Mario Martone, Laura Micciarelli, Enzo Moscato, Mimmo Paladino, Lorenza Pensato, Paola Potena, Andrea Renzi, Giulia Renzi, Carlo Rizzelli, Giuseppe Russo, Lucio Sabatino, Federica Sandrini, Francesco Saponaro, Maria Savarese, Antonello Scotti, Pierpaolo Sepe, Lello Serao, Toni Servillo, Rosario Squillace, Tonino Taiuti, Sonia Totaro, Marianna Troise, Imma Villa, Chiara Vitiello.

La presentazione dell’opera In Luce, che entra a far parte della collezione del Madre, inaugurerà la programmazione della nuova Project room del museo, collocata al piano terra, accanto all’ingresso.

Antonio Trotta. Soltanto il nulla è senza luce

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Antonio Trotta
“Soltanto il nulla è senza luce”
A cura di Like A Little Disaster
1 Ottobre / 15 Novembre

Opening, Sabato 1 Ottobre 2016 – h. 19.00-23.00
Dal 2 Ottobre al 15 Novembre solo su appuntamento.

Like A Little Disaster è orgogliosa di presentare “Soltanto il nulla è senza luce”, una mostra personale dell'artista italo-argentino Antonio Trotta, uno dei maggiori esponenti dell'arte internazionale degli ultimi cinquant'anni. Trotta è un artista poliedrico che, fin dalla seconda metà degli anni sessanta, ha ricercato, immaginato, costruito un linguaggio coerente, anticipatore, spesso solitario ma sempre libero da condizionamenti esterni. Un linguaggio che appartiene a un universo mentale che non si lascia imprigionare da categorie chiuse o vincolanti. Il suo linguaggio ha dilatato i confini di innumerevoli campi di ricerca; performance, video, parole, fotografia, installazioni ambientali, scultura. La sua pratica ha sfiorato, senza mai lasciarsi irretire, molte correnti e attitudini dell'arte contemporanea; dalle avanguardie moderniste allo spazialismo, dal concettuale al minimalismo, dal postmodernismo all'arte ambientale.
La mostra costituisce uno spunto di riflessione sul suo percorso artistico attraverso alcuni momenti topici, in particolare quelli legati al suo interesse per la luce come medium, fenomeno e concetto. Essa è intesa da Trotta come entità nella quale emerge limpidamente la potenza disvelatice del pensiero, in relazione ai caratteri di contingenza e di trascendenza connaturati all'Esserci. Luce rivelatrice che ci conduce oltre ciò che vediamo. Attraverso un ossimoro potremmo dire che, con le opere di Trotta, la luce diviene pura e “concreta” astrazione, si presenta allo stesso tempo quale medium e contenuto, unione perfetta tra presentazione e rappresentazione di sé.


Opere in mostra:
Paquete especial (1966-2016). L'opera è stata esposta unicamente alla Galleria Castagnino di Buenos Aires nel 1967, ed è stata riprodotta per l'occasione e presentata per la prima volta in Europa. L'opera è caratterizzate da un sicuro interesse per le geometrie minimaliste e dall’utilizzo di materiali di origine industriale e edile che gli permettono di dar vita ad opere modulari perfettamente adattabili ad ogni ambiente e ad ogni tipo di installazione. Paquete especial è una scultura formata da un tubolare in alluminio che avvolge, o “impacchetta” un raggio di luce formato da un gruppo di tubi di plexiglas, materiale usato per la sua innovativa immaterialità luminosa, per il suo essere inesistenza modellabile o luce materializzata. Paquete especial è un'opera che, come scrive Jorge Glusberg, “(…) permette allo spettatore di partecipare in modo nuovo, operando da se la scelta dei messaggi che è in grado di ricevere. L’osservazione di un’opera classica riflette una totale subordinazione ad un ordine autoritario ed assoluto (che può essere identificato sia nella posizione sia negli ideali dell’artefice). La visione contemporanea introduce una forma di comunione fra pubblico ed artista che è completamente diversa da quella tradizionale. La nuova opera d’arte crea una diversa dimensione di godimento estetico; non è posta davanti al pubblico, ma lo avvolge, lo costringe a partecipare, in un rapimento cosciente, ad una nuova forma di convivenza sociale e di disciplina intellettuale”. Paquete especial condivide lo spazio ed è posta in dialogo con una serie di opere più recenti dell'autore, i Sospiri (1999-2016) in cui il marmo sembra trasformarsi in foglio scosso dal vento o in cui, come ha acutamente osservato Lea Vergine, “il tradizionale viene ribaltato (…) i Sospiri simulano, fino al trompe l'oeil, il movimento, la levità; sono un gioco di prestigio, una magia, un tour de force settecentesco. (…) Trotta muta la pesantezza della materia in una miracolosa leggerezza. Ma la parodia (il mondo alla rovescia) e il paradosso (l'assurdo, l'inconcepibile) danno, in lui, risultati che, ispirati da una sorta di classicismo, paiono enigmatici, mai sondabili a fondo.”
I sospiri sono delle ”sequenze marmoree” fissate come quadri, ogni sospiro è diverso dall’altro e si distingue per il movimento e la luce che lo scultore esprime ed imprime nella materia. Pur nella loro totale autonomia estetica, sia “Paquete especial” che i “Sospiri” sono animati da una comune forza ispiratrice. In entrambe le opere la luce non si identifica con il reale ma piuttosto con una condizione mentale attraverso la quale indagare i limiti della visibilità e dell’illusione, così come la tangibilità e intangibilità di una materia che sovverte la rappresentazione spaziale delle opere. La luce mostra se stessa nel farci vedere, cioè nel rendere possibile la visione; allo stesso modo, le idee vengono intuite nel loro farci pensare, per il fatto cioè che rendono possibile il nostro pensiero. E come l'atto del vedere non è distinguibile dagli oggetti della visione, così l'atto del pensare non è distinguibile dai concetti pensati.
Altra opera appositamente rieditata per la mostra è Schema 8: Accoppiamento (1968-2016) presentata unicamente alla 34 Biennale di Venezia del 1968. La sua ideazione e realizzazione nasce durante il periodo che Trotta sceglie di trascorre a Roma in preparazione della Biennale. Si tratta della riproduzione fotografica notturna di una galleria romana da cui si prolungano, nello spazio reale della mostra, tubi al neon che la illuminano. L'opera, come tempestivamente osservò Germano Celant, “(…) cerca di avvicinare l’osservatore e non di estraniarlo, si pone direttamente in contatto con il soggetto-fruitore coinvolgendolo spazialmente, generando un’inaspettata sensazione di perdita del limite tra reale ed irreale.”
Da questo doppio gioco di prospettive e visioni, l’esperienza è contemporaneamente oggettiva e soggettiva, materiale ed immateriale, reale ed irreale, con l’ambiguità sufficiente affinché l’osservatore partecipa senza proporsi definizione alcuna dal punto di vista razionale o individuale. Con questa opera assistiamo, per la prima volta nell'opera di Trotta, alla sua tipica attitudine nel generare infiniti equivoci visivi in cui rende verosimile l'improbabile, all'interno di un sistema perennemente in bilico tra finzione e realtà e dove le opere si mostrano per la loro natura di simulacri.
Con la Finestra su vetro, 1972 (light box, emulsione su vetro, 90 x 90 x 12 cm. realizzata in collaborazione con l'architetto Giorgio Tagini) Antonio Trotta crea un cortocircuito tautologico che dipende dalla coincidenza fra il materiale visualizzato (il vetro) e quello usato come supporto. La fotografia emulsionata su vetro raffigura la finestra dello studio milanese dell'artista, quando è spenta, la lampada ha l'aspetto “notturno” della finestra reale; quando è accesa, ha l'aspetto della finestra “di giorno”. Non solo l'idea precede l'azione, ma in qualche modo l'opera sembra contenere se stessa, l'oggetto reale corrisponde ad un oggetto ideale e preesistente.
Colonna con luce 1972 (Marmo inciso, luce, 40 x 40 cm) è una delle prime esperienze di lavorazione del marmo parte di Trotta e, anch'essa, realizzata in collaborazione con l’architetto Giorgio Tagini. Si tratta di un blocco di marmo scolpito ed illuminato internamente, acceso mostra la base di una colonna scomposta nelle sue proiezioni ortogonali, una volta spento torna ad essere semplicemente la geometria materica di un cubo di marmo. La luce attraversa le trame dell'origine e della storia, seguendo una circolarità temporale che, citando Borges, vede il passato ritornare eternamente a far parte del presente. Ancora sul concetto di luce è Lampada sferica, 1962-72/2016 (Plexiglass, luce. 40 x 40 cm.) anch'essa rieditata per la mostra. Un cubo luminoso dal quale si stacca uno spicchio anch'esso, indipendentemente, luminoso. Il fascino per il minimalismo geometrico spinge Trotta a scavare nel cubo, per vedere cosa “C'è” dentro. Dividere, sezionare la forma cubica esplorando innumerevoli intenzioni estetiche e concettuali. Il piacere estetico di vedere una luce separata, una luce divisa in due parti; la fonte luminosa che, generalmente siamo abituati ad identificare nella sua unicità emissiva, si presenta in forma di solido frazionato che può essere, mentalmente, ricongiunto.
Libro letto nel '70, (1970, 23 x 15 x 3 cm.) è una stampa su una lastra di perspex trasparente, raffigura invece la copertina di un libro, Carme presunto di Borges, che, poiché letto e interiorizzato, diventa trasparente e illuminato, richiamando l’idea stessa della letteratura borgesiana. Tale procedimento non esclude il piacere della visione: non siamo di fronte a una pura operazione concettuale, ma a una presenza concreta, per quanto ambigua. «Il mondo e il libro si rimandano eternamente e infinitamente le loro immagini riflesse. Questo potere indefinito di riverberazione, questo scintillante e illimitato moltiplicarsi che è il labirinto della luce che peraltro non è un nulla, sarà allora tutto ciò che troveremo, vertiginosamente, in fondo al nostro desiderio di capire».


Biografia:
Nasce nel 1937 a Paestum. Trasferitosi in Argentina, nel 1960 è fra i promotori del gruppo SI. Inizia la sua attività espositiva al Museo de Arte Moderno e all’Istituto Torcuato Di Tella a Buenos Aires, e nel 1968 è invitato alla Biennale di Venezia a rappresentare il Padiglione Argentino. Dalla fine del 1969 fino al 1973 Trotta collabora con la Nizzoli Associati, con interventi di “progettazione totale” che coinvolgono in équipe architetti, grafici, artisti e critici, realizzando progetti d’architettura e urbanistica in Italia e all’estero (Taranto, Cremona, Siviglia, ecc.). Realizza anche alcune copertine per la rivista “L’Architettura. Cronache e Storia” diretta da Bruno Zevi. Tiene personali alla Galleria François Lambert di Milano (1970), alla Galleria Christian Stein di Torino (1971, 1977), alla Galleria Marilena Bonomo di Bari (1972), alla Galleria Maddalena Carioni di Milano (1972), alla Galleria Editalia, Qui Arte Contemporanea di Roma (1974), alla Galleria Borgogna di Milano (1976), alla Galleria Toselli (1975), allo Studio Cesare Manzo a Pescara (1983), alla Galleria Artra di Milano (1986, 1999), alla Galleria Piero Cavellini di Milano (1987), alla Galleria Cardi a Milano (1990), alla Galleria Carini di Firenze (1993), all’Istituto de Cooperacion Iberoamericana di Buenos Aires (1995), alla Galleria Omphalos di Terlizzi (1998, 2008). Partecipa a mostre collettive alla Biennale di Venezia (1976, 1978, 1990), all' Instititute for Contemporary Art di Londra (1974), all'Internationaal Cultureen Centrum di Antwerpen (1975), al National Museum di Osaka (1979), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma (1980), al PAC di Milano (1982, 1988, 1989), ala Biennale di Lione (1984), alla Galleria Martano di Torino (1984), alla Fondazione Europea Dragan a Milano (1986), alla Galleria Bianca Pilat di Milano e alla Galleria Oddi Baglioni di Roma (1990), alla Galleria d’Arte Moderna di Udine (1997), alla Arte Studio Invernizzi e alla Galleria Artra di Milano (2000), al Centro Cultural La Recoleta, Buenos Aires (2007), alla Galleria d'arte Moderna, Palazzo Forti , di Verona (2007), al Palazzo della Triennale di Milano (2009), alla Fondazione Pomodoro di Milano (2010), alla Fundación PROA di Buenos Aires (1998, 2011) al Museo MAMBA di Buenos Aires (2015, 2016), alla Bocconi Art Gallery, Università Bocconi, Milano (2015)
Nel 2007 ha inaugurato il Museo archivio Antonio Trotta a Stio. È membro dell’Accademia Nazionale di San Luca dal 2009.


Foothold
Via Cavour, 68
Polignano a Mare (Bari)
Italy


info@likealittledisaster

Lucia Veronesi. Fuori, una gran notte di stelle

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Muratcentoventidue Artecontemporanea
Fuori, una gran notte di stelle
Lucia Veronesi

La galleria Muratcentoventidue Artecontemporanea prosegue il suo programma espositivo con "Fuori, una gran notte di stelle", la mostra personale di Lucia Veronesi.
L’artista presenta una installazione video a due canali: stanze di casa rassicuranti e confortevoli assistono alla catastrofe che si svolge fuori dalla finestra. L’arredamento accogliente e démodé promette protezione, i tessuti sono vivaci, il camino è acceso, ma il mondo esterno si sta sgretolando: in vaste e deserte atmosfere lunari i pianeti si scontrano, la Terra rovina su sé stessa e ribalta le sue regole. Una natura violenta distrugge, trasforma e affonda. Le stanze ci proteggono in una sicurezza apparente.
Dichiara l’artista: «Fuori, un gran notte di stelle è una frase tratta da un romanzo di Iris Murdoch. Stavo lavorando al mio video, e incontrare questa frase mi ha colpito molto perché in poche parole mi restituiva immediatamente le immagini e le atmosfere delle visioni a cui stavo dando forma.
La parola “fuori” è fondamentale, perché rende chiara subito l’idea di due spazi distinti, e di un punto di osservazione dall’interno, dalla stanza che promette protezione. La “grande notte di stelle” dà l’idea di un’immagine serena, ma solo in apparenza, proprio come succede a noi che ci sentiamo sicuri guardando quel fuori, racchiusi tra le mura domestiche in cui ci sentiamo difesi dalla catastrofe. E poi la trovo una frase libera, che lascia molto all’immaginazione, la stessa l’immaginazione che mi ha guidato nella creazione di questo video».

Il video è realizzato in stop-motion, e unisce immagini, collage e pittura.

Sono presentati in mostra anche una nuova serie di piccoli dipinti su tela, stampe su carta cotone e collage dove, come nei video, il colore, lo spray, i pastelli a cera, il carboncino si stratificano, si sovrappongono come accumuli di gesti e di materia, trasformando immagini di base in visioni nuove.
L’uso di diverse tecniche caratterizza la ricerca dell’artista, che oscilla tra bidimensionale e tridimensionale, tra pittura e collage, tra installazione e fotografia.
In questo decennio, il lavoro di Lucia Veronesi ha messo alla prova l’esperienza dello spazio e la sua vivibilità. Negli anni scorsi, l’artista era affascinata dall’accumulo di oggetti, e dalle patologie di accaparramento consumistico e conservazione compulsiva, esagerati fino all’estremo, che rendono inabitabili le case e impossibile la vita.
Questa attrazione per l’accumulo si è riverberata anche in una attitudine stilistica, dove la stratificazione, l’addizione, l’amalgama di tecniche, ritagli, disegno e pittura, hanno messo in tensione le forme facendole sconfinare una nell’altra.
In questo percorso, negli anni più recenti l’artista si è inoltrata nel tema dell’irruzione, dell’invasione, dell’allagamento di ambienti domestici e naturali: in ciò la sua arte è sorprendentemente al passo con l’attuale interesse della cultura scientifica e umanistica per l’ “Antropocene”, come è stata ufficialmente definita – nel Congresso Geologico Internazionale di Città del Capo dell’agosto 2016 – la nuova era geologica che stiamo vivendo, in cui l’effetto dell’uomo sull’ambiente è preponderante su tutti gli altri e provoca reazioni incontrollabili: cosicché, la stessa spinta che edifica città, residenze stabili, avamposti, rifugi, comfort umano ha come effetto la distruzione e la catastrofe.


Sede
Muratcentoventidue-Artecontemporanea
Via G. Murat 122/b – Bari

Inaugurazione

Sabato 15 ottobre 2016, ore 19.30

Periodo

15 ottobre 2016 – 10 dicembre 2016
Orario di apertura dal martedì al sabato o su appuntamento
dalle 17.00 alle 20.00

Info

3348714094 – 392.5985840-393.8704029
mailto:info@muratcentoventidue.com


Lucia Veronesi nasce a Mantova nel 1976. Si diploma in pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano. Nel 2003 si trasferisce a Venezia. Tra le sue mostre personali segnaliamo In piena presenza, Yellow, Varese, 2015; Piccole selezioni,The white box, San Teodoro (Olbia), 2015; Partners, Mars, Milano, 2012; Tra le collettive e video festival più recenti Sensitive and digital scapes, 8. Contempo Varna, Bulgaria; Video Art Summer Nights, Tel Aviv, Israele; Concorto Film Festival, Piacenza; Epicentri, Terme di Como Romana, Como; Body Landscapes: Italian videoart, Obliqua Film Festival, Appleton Square gallery, Lisbona; Carrus Navalis, Dimora Artica, Milano; The End of Certainty, Muratcentoventidue, Bari; Bestie, Arbusti e Artifici, Vicenza; Accumulation, The Others Art Fair, Torino; Suspended territories and other italian stories, Muu Galleria, Helsinky; Some velvet drawings, ArtVerona 2015; Bird-men il volo delle immagini, Centro Laber (PAV), Berchidda; Videoyearbook 2015, Bologna; BG3, Biennale Giovani, Accademia di Belle Arti di Bologna e Museo della città, Rimini. Nel 2014 é stata selezionata per Italia. Corti al 32, Torino Film Festival. Tra gli altri festival dove sono stati selezionati i suoi video segnaliamo Lago Film Fest, Revine Lago; Othermovie, Lugano; Blinkkkk Festival, Bruxelles; Muff. 10, Montréal Underground Festival; Oodaaq Festival, Rennes; Proyector e Mnemonic City Lisbon, Lisbona.

I Martedì Critici: ANTONIO PAOLUCCI

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I Martedì Critici
a cura di Alberto Dambruoso e Guglielmo Gigliotti

ospite: ANTONIO PAOLUCCI

4 ottobre 2016, ore 18.30
Accademia di Belle Arti di Roma
via di Ripetta, 222

INGRESSO LIBERO FINO A ESAURIMENTO POSTI

Giunge al terzo appuntamento la stagione autunnale 2016 de «I Martedì Critici», gli incontri con i protagonisti della scena dell’arte organizzati dall’«Associazione Culturale I Martedì Critici», arrivati al settimo anno di attività. La programmazione prevede la partecipazione di numerose figure di primo piano del mondo dell’arte, attive in Italia e all’estero, in una serie di appuntamenti che si svolgeranno a Roma presso l’Accademia di Belle Arti in Via di Ripetta.

Ad affiancare Alberto Dambruoso nella conduzione delle interviste, si avvicenderanno interlocutori di volta in volta diversi: Gianluca Brogna, Lorenzo Canova, Marco Di Capua, Guglielmo Gigliotti, Roberto Gramiccia.

Ospite dell'appuntamento di martedì 4 ottobre è Antonio Paolucci (Rimini, 1939).

Tra i maggiori storici dell’arte in Italia, Antonio Paolucci ha studiato a Firenze dove si è laureato nel 1964 in Storia dell'Arte con Roberto Longhi, specializzandosi poi a Bologna con Francesco Arcangeli. Nel 1969 ha cominciato la carriera alla Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Firenze. Dal 1980 al 1986 è stato Soprintendente, nell'ordine, a Venezia, Verona e Mantova e Direttore dell'Opificio delle Pietre Dure a Firenze. Dal 1988 al 1995 è stato nominato Soprintendente ai Beni Artistici e Storici di Firenze, Prato e Pistoia. Dal gennaio 1995 al maggio 1996 ha ricoperto la carica di Ministro per i beni culturali e ambientali durante il Governo Dini. Dopo il terremoto che ha colpito l'Umbria e le Marche nel 1997 è stato nominato Commissario straordinario del Governo per il restauro della Basilica di San Francesco ad Assisi. Fino al 2006 è stato Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Toscana. Dal novembre 2007 è Direttore dei Musei Vaticani.

La sua attività saggistica annovera, oltre all’ampio numero di testi di studio per cataloghi di mostre, volumi sulla Pinacoteca di Empoli (1985), il Laboratorio del Restauro a Firenze (1986), la Pinacoteca di Volterra (1988), oltre a monografie su Piero della Francesca (1989), su Antoniazzo Romano(1992), su Donatello (1995) e innumerevoli contributi sul patrimonio storico-artistico internazionale. Collabora con quotidiani (“La Repubblica”, “Il Sole 24 Ore”, “L’Osservatore romano”, “Avvenire”, “La Nazione”, “La Voce”, etc.) e riviste specializzate (“Paragone”, “Il Giornale dell'Arte”, “Il bollettino d'arte”, etc).



INFO PUBBLICO
Ingresso libero fino ad esaurimento posti
Accademia di Belle Arti di Roma
Via di Ripetta 222, Roma

ORGANIZZAZIONE
ASSOCIAZIONE CULTURALE I MARTEDI CRITICI
Tel. +39 339 7535051
info@imartedicritici.it

Sponsor:
Spedart Srl

Media partners:
ARTRIBUNE
Marica Messa

Fotografie a cura di:
Gianfranco Basso Visual Artist


Antonio Ottomanelli. EYE-HAND SPAN

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English text below
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Montrasio Arte è lieta di annunciare EYE-HAND SPAN. The uncertain distance between the eye and the hand di Antonio Ottomanelli, con testo critico di Nora Akawi.
In mostra una serie di progetti realizzati dall'autore in Afghanistan e Iraq tra il 2011 e il 2014. I progetti appartengono ad un più ampio percorso di ricerca relativo ai processi di ricostruzione nei paesi coinvolti in un conflitto militare a seguito degli eventi del 9/11. Mapping Identity (2011-2013) e Big Eye Kabul (2014), recentemente vincitori del FOAM Talent Prize 2016, sono al centro di un inedito percorso di approfondimento fatto di immagini e testi originali.

Antonio Ottomanelli è nato a Bari nel 1982. Ha studiato architettura a Milano e Lisbona. Fino al 2012 è stato Professore al dipartimento di urbanistica al Politecnico di Milano. Nel 2009 ha fondato IRA-C - interaction research & architecture in crisis context - una piattaforma pubblica per favorire ricerche nel campo delle strategie urbane e sociali.
Il suo lavoro è stato presentato in numerose fiere e istituzioni internazionali: a Berlino, Arles, San Paolo, Dallas, Holon. La sua prima esposizione personale - Collateral Landscape - curata da Joseph Grima, si è tenuta nel 2013 presso la Triennale di Milano. A febbraio 2016 è stata inaugurata la sua personale a Kabul + Baghdad a Camera Torino, curata da Francesco Zanot. Ha preso parte alla 14° Mostra Internazionale di Architettura a Venezia e alla prima Biennale di Design a Istanbul. Nel gennaio 2015 ha fondato insieme a Lorenza Baroncelli, Marco Ferrari, Joseph Grima e Elisa Pasqual, White Hole Gallery, una piccola galleria a Genova, combinando pratiche artistiche e giornalismo al fine di investigare e documentare le forze - visibili e invisibili - che danno forma a società e passaggio. È inoltre co-fondatore di Planar, centro dedicato alla fotografia contemporanea, con base a Bari e editore di Planar Books. È curatore del volume The Third Island, pubblicato in 2015, il primo della serie OIGO. Recentemente nominato FOAM Talent 2016.

Nora Awaki, architetto, vive tra Amman e New York. Ha studiato architettura al Bezalel Academy of Art and Design di Gerusalemme (B.Arch 2009). Nel 2011, ha ricevuto il suo MS in Critical, Curatorial and Conceptual Practices in Architecture dalla Columbia GSAPP (MS.CCCP 2011), dove ha ricevuto anche il CCCP Thesis Award. E' direttrice dello StudioX Amman, una piattaforma regionale per la programmazione e ricerca in ambito architettonico coordinato da Columbia GSAPP. Partecipa come Visiting Lecturer alla Royal Institute of Art di Stoccolma, insegna i corsi post-laurea di Critical Habitats e alla Columbia GSAPP, Barnard College, PennDesign, Harvard GSD, Georgia Tech, the Applied Science University ad Amman, and GJU's SABE. Tra le pubblicazioni si segnalano Architecture and Representation: The Arab City (co-edited by Amale Andraos, Nora Akawi, and Caitlin Blanchfield, Columbia Books on Architecture and the City, 2016), e "Jerusalem: Dismantling Phantasmagorias, Constructing Imaginaries" in The Funambulist: Militarized Cities (edited by L. Lambert, 2015).

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Montrasio Arte is proud to announce Antonio Ottomanelli's Eye-Hand Span.The uncertain distance between the eye and the hand (opening October 5th), with a critical essay by Nora Akawi.

Showcasing a series of projects carried out by the author in Afghanistan and Iraq between 2011 and 2014, that they belong to a wider path of his research in the reconstruction processes in the countries involved in a military conflict as a result of the events of 9/11: Mapping Identity (2011-2013) e Big Eye Kabul (2014), recent winners of the FOAM Talent 2016, are focused on a study path made of unpublished images and original texts.

Antonio Ottomanelli studied architecture in Milan and Lisbon. Till 2012 Adjunct Professor at the architecture planning department – Milan Politecnic. in 2009 he sets up IRA-C – interaction research & architecture in crisis context - a public platform, which wants to support research realities in the field of urban and social strategies. Antonio Ottomanelli’s work has been presented in numerous international festivals and institutions, in Berlin, Arles, San Paolo, Dallas, Holon. In January 2015 he founded, together with Lorenza Baroncelli, Marco Ferrari, Joseph Grima and Elisa Pasqual, White Hole Gallery, a remotely- controlled micro-gallery in Genoa (Italy), combining strategies of artistic practice and journalism to investigate, document and debate the forces — visible and invisible — that shape society and the landscape. �On january 2016, the solo exhibition Kabul+Baghdad curated by Francesco Zanot, was staged by CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia. He co-founder of Planar, center for contemporary photography placed in Bari and editor in chief of Planar Books, the Publishing House edited by Planar. He is the curator of the book The Third Island, published in 2015, the first of a series dedicated to the observation of the impact of major infrastructure works on territorial and social changes. Recently nominated FOAM Talent 2016.

Nora Akawi is an architect based between Amman and New York. In 2012, she joined Columbia University's Graduate School of Architecture, Planning and Preservation (GSAPP) as curator of Studio-X Amman, a regional platform for programming and research in architecture run by Columbia GSAPP and the Columbia Global Centers | Amman. At Studio-X Amman, she leads the conceptualization and implementation of public programs and research initiatives on architecture in the Arab Mashreq by curating conferences, workshops, publications, screenings, lectures, and other collective forms of production in partnership with researchers or institutions in the region. Since 2014, she has been teaching a graduate seminar course of theory and visualization focused on borderlands, migration, citizenship and human rights at GSAPP. She studied architecture at the Bezalel Academy of Art and Design in Jerusalem (B.Arch 2009). In 2011, she received her MS in Critical, Curatorial and Conceptual Practices in Architecture from Columbia GSAPP (MS.CCCP 2011), where she received the CCCP Thesis Award. She participates as Visiting Lecturer at Stockholm's Royal Institute of Art, in the Critical Habitats post-graduate program, and has served as critic in architecture programs at Columbia GSAPP, Barnard College, PennDesign, Harvard GSD, Georgia Tech, the Applied Science University in Amman, and GJU's SABE, among others.

L’ALTRO SGUARDO. Fotografe italiane 1965-2015.

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A cura di Raffaella Perna
5 Ottobre 2016 – 8 Gennaio 2017

La mostra, a cura di Raffaella Perna, propone una selezione di più di centocinquanta fotografie e libri fotografici provenienti dalla Collezione Donata Pizzi, concepita e costituita con lo scopo di favorire la conoscenza e la valorizzazione delle più significative interpreti nel panorama fotografico italiano dalla metà degli anni Sessanta a oggi. La collezione – unica nel suo genere in Italia – è composta da opere realizzate da circa cinquanta autrici appartenenti a generazioni diverse: dai lavori pionieristici di Paola Agosti, Letizia Battaglia, Lisetta Carmi, Carla Cerati, Paola Mattioli, Marialba Russo, sino alle ultime sperimentazioni condotte tra gli anni Novanta e il 2015 da Marina Ballo Charmet, Silvia Camporesi, Monica Carocci, Gea Casolaro, Paola Di Bello, Luisa Lambri, Raffaella Mariniello, Marzia Migliora, Moira Ricci, Alessandra Spranzi e numerose altre.

È la prima mostra nata dalla partnership tra la Triennale di Milano e il MuFoCo – Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo, una collaborazione che produrrà anche l’esposizione dedicata a Federico Patellani, La guerra è finita. Nasce la Repubblica. Milano 1945-1946, a cura di Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi, dal 17 Settembre 2016 al 15 Gennaio 2017, presso il Museo di Fotografia Contemporanea, dove è conservato l'intero archivio fotografico del grande fotoreporter.

In Italia l’ingresso massiccio di fotografe, fotoreporter e artiste nel circuito culturale risale agli anni Sessanta: in questo momento l’accesso delle donne al sistema dell’arte e del fotogiornalismo – ambiti rimasti a lungo appannaggio quasi esclusivo di presenze maschili – è favorita dai repentini cambiamenti sociali e dalle lotte femministe. Grazie anche alle conquiste di quella generazione oggi fotografe e artiste hanno acquisito posizioni di primo piano nella scena culturale del nostro Paese e in quella internazionale: il loro lavoro è presente in musei, gallerie, festival, riviste e pubblicazioni specializzate, in Italia e all’estero. Nonostante la decisa inversione di rotta, la storia e il lavoro di molte fotografe è ancora da riscoprire, promuovere e valorizzare: le opere della Collezione Donata Pizzi testimoniano momenti significativi della storia della fotografia italiana dell’ultimo cinquantennio; da esse affiorano i mutamenti concettuali, estetici e tecnologici che hanno caratterizzato la fotografia nel nostro Paese. La centralità del corpo e delle sue trasformazioni, la necessità di dare voce a istanze personali e al vissuto quotidiano e familiare, il rapporto tra la memoria privata e quella collettiva sono i temi nevralgici che emergono dalla collezione e legano tra loro immagini appartenenti a vari decenni e generi, dalle foto di reportage a quelle più spiccatamente sperimentali.

Nella mostra sarà esposta anche l’installazione Parlando con voi tratta dal libro omonimo di Giovanna Chiti e Lucia Covi (Danilo Montanari Editore), e prodotta su idea di Giovanni Gastel da AFIP International – Associazione Fotografi Professionisti e Metamorphosi Editrice.

L’installazione multimediale, costituita da trenta schermi ognuno dei quali con un’intervista esclusiva a una fotografa e una sequenza di sue opere e pubblicazioni consente al visitatore di conoscere e approfondire le vite di professioniste e artiste, le loro esperienze di donne originali e coraggiose.

A corredo dell’esposizione verrà pubblicato un catalogo, italiano-inglese (Silvana Editoriale), con testi di Federica Muzzarelli, Raffaella Perna, un’intervista a Donata Pizzi e schede biografiche di Mariachiara Di Trapani.

In mostra sono esposte fotografie di: Paola Agosti, Martina Bacigalupo, Marina Ballo Charmet, Liliana Barchiesi, Letizia Battaglia, Tomaso Binga (Bianca Menna), Giovanna Borgese, Marcella Campagnano, Silvia Camporesi, Monica Carocci, Lisetta Carmi, Gea Casolaro, Elisabetta Catalano, Carla Cerati, Augusta Conchiglia, Paola De Pietri, Agnese De Donato, Paola Di Bello, Rä di Martino, Anna Di Prospero, Bruna Esposito, Eva Frapiccini, Simona Ghizzoni, Bruna Ginammi, Elena Givone, Nicole Gravier, “Gruppo del mercoledì” (Bundi Alberti, Diane Bond, Mercedes Cuman, Adriana Monti, Paola Mattioli, Silvia Truppi), Adelita Husni-Bey, Luisa Lambri, Lisa Magri, Lucia Marcucci, Raffaela Mariniello, Allegra Martin, Paola Mattioli, Malena Mazza, Libera Mazzoleni, Gabriella Mercadini, Marzia Migliora, Verita Monselles, Maria Mulas, Brigitte Niedermair, Cristina Omenetto, Michela Palermo, Lina Pallotta, Beatrice Pediconi, Agnese Purgatorio, Luisa Rabbia, Moira Ricci, Giada Ripa, Sara Rossi, Marialba Russo, Chiara Samugheo, Shobha, Alessandra Spranzi, Francesca Volpi.


L’ALTRO SGUARDO
Fotografe italiane 1965-2015
A cura di Raffaella Perna
5 Ottobre 2016 – 8 Gennaio 2017
Inaugurazione: 4 Ottobre 2016 ore 19.00

La Triennale di Milano
Ufficio Comunicazione e Relazioni Media
tel. 02 72434247
press@triennale.org

Triennale di Milano
Viale Alemagna 6
20121 Milano
T. +39 02 724341
www.triennale.org

Dreamscape: visioni in precario equilibrio

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La doppia personale di Marcella Persichetti e Rujunko Pugh

Giovedì 13 ottobre, alle ore 19.00 avrà luogo presso Makemake Spazio e Arte l’inaugurazione della mostra “Dreamscape: visioni in precario equilibrio”, la bi-personale di Marcella Persichetti e Rujunko Pugh.

L’evento espositivo romano, a cura di Andrea Amatiste, propone la recente produzione artistica di Marcella Persichetti e Rujunko Pugh, due donne di diversa nazionalità, formazione ed esperienza, ma accomunate dal medium della fotografia e della grafica.

Nello specifico, all’interno della mostra saranno allestiti e condivisi due progetti: quello fotografico della Persichetti, Panama non è in Francia - che rappresenta l'approdo ad una ricerca di tipo autobiografico e introspettivo, innescata da una perdita delle coordinate - e quello grafico Hereafter di Rujunko Pugh - già presentato a Sydney - dalle inquietanti implicazioni socio-culturali-ambientali.

Come sottolineato da Sveva Mandolesi, “nonostante lo spettatore si trovi di fronte ad opere materialmente e contenutisticamente diverse, è portato a riflettere sullaprecarietà della condizione umana contemporanea, sui suoi delicati e minacciati equilibri, ora da una prospettiva più “interiore”, intima, privata, ora da un punto di vista più “esteriore”, pubblico e socio-culturale”.

Da un lato della galleria, le nove sapienti inquadrature a colori della serie fotografica di Marcella Persichetti ritraggono l’artista smarrita e disorientata, in contesti urbani degradati e paesaggi naturali quasi incontaminati, alla difficile conquista di un precario equilibrio su piani inclinati in cui è facile precipitare in “verticale” verso il basso, oppure cogliere un ideale bilanciamento di quiete “in orizzontale”. Protagonista indiscusso delle fotografie, il corpo è indagato nella sua intimità, “nelle sue conflittualità, […] nella sua instabilità, attraverso azioni simboliche di stati d'animo e mediante la profondità di uno sguardo che ipnotizza e coinvolge lo spettatore nello spazio dell'immagine”.

Sull'altro versante espositivo, le stampe su carta ed i lavori grafici di Rujunko Pugh “proiettano lo spettatore in un mondo iconografico e stilistico di chiara matrice giapponese”. Gli elaborati grafici di Pugh sono il prodotto finale di un processo creativo in cui la fotografia gioca un ruolo importante, di avvio della creazione artistica: nascono infatti dalla combinazione e dal “collage digitale” di immagini fotografiche appartenenti a periodi storici diversi, dalla sovrapposizione di immagini relative alla bonifica dei rifiuti nucleari di Fukushima su ritratti precedenti, e su cui l’artista lavora meticolosamente, sino alla traduzione e riduzione in termini grafico-lineari tipicamente giapponesi.

Il visitatore è infine invitato da entrambe le protagoniste della mostra a interagire lungo il percorso espositivo con le opere stesse, che, nel caso di Marcella Persichetti si fanno installazione, e, nel caso di Rujunko Pugh si fanno murales invadendo le pareti stesse della galleria.

La mostra, fruibile fino al 29 ottobre, rientra negli eventi in programma e promossi dalla Rome Art Week [RAW], la prima settimana dell’arte contemporanea della Capitale.



makemake | spazio & arte

Ufficio Stampa
Brigida Mascitti
+39 388.9291884


Da Andy Warhol alla nuova Pop Art

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Da Andy Warhol alla nuova Pop Art

Cocktail, Vernissage e Presentazione:
mercoledì 12 ottobre 2016 | dalle ore 18.30 alle 20.30 Coctktail, Finissage e Spettacolo teatrale:
sabato 15 ottobre 2016 | dalle ore 17 alle ore 20.30 Castello di Jerago | via Castello 9 - Jerago con Orago (VA)

Il Castello di Jerago e la galleria Pisacane Arte, in collaborazione con Oreca New, presentano mercoledì 12 ottobre, dalle ore 18.30 alle 20.30, il vernissage della mostra Da Andy Warhol alla Nuova Pop Art: primo appuntamento della rassegna “Arte al Castello”.

Il Castello di Jerago, le cui vicende sono legate alla famiglia Visconti, si trova a soli trenta minuti da Milano: un luogo prestigioso e di antico valore storico che sorge su una collina con una vista panoramica spettacolare sulle campagne di Varese.
L’allestimento si svilupperà fra le antiche sale del castello in un intenso dialogo tra antico e moderno, tra passato e presente.

Nel gran salone verranno esposte le opere di Andy Warhol: massimo rappresentante della pop art. In una scena artistica dominata dal rifiuto di ogni controllo razionale dettato dall'action paintings e dall'espressionismo astratto, Andy Warhol scelse di rappresentare la realtà che lo circonda (prodotti di largo consumo, volti di celebrità, immagini tratte dai mass media, pubblicità) attraverso l'isolamento e la dilatazione del soggetto o la ripetizione seriale di quest'ultimo. Ogni opera, trattata con colori accesi e antinaturalistici, è spinta all'estremo per ottenere un forte impatto emotivo.

Tra i suoi lavori in mostra troviamo alcuni original vintage poster firmati, una serie firmata di dischi per i quali Andy Warhol ideò le cover e diverse copie firmate della rivista Interview, fondata da lui nel 1969.

Il percorso espositivo confronta le opere dell’artista di Pittsburgh con i lavori di alcuni artisti contemporanei che si avvicinano, ognuno con diverse sfaccettature, al movimento definito Neo-pop, una corrente nata all’inizio del XX secolo e sviluppatasi attraverso l’influenza di interessanti riferimenti culturali che vanno dal mondo underground al web design, dalla street art al urban design.

Nelle tre sale a sinistra del corpo centrale del palazzo saranno allestite le opere di Iabo, Julian T, Noba, Enrico Pambianchi e YuX.

Il progetto “Arte al Castello: Da Andy Warhol alla nuova Pop Art” nasce con l’obiettivo di diventare un appuntamento fisso nel calendario degli eventi del Castello e diventare punto di riferimento legato all’arte sul territorio circostante.

Partner d’eccezione Oreca New, leader dei prodotti di utensileria accessori e ferramenta, un’azienda che spesso supporta iniziative sportive e naturalmente eventi del mondo all'arte. Oreca new, con la sua sede logistica sita nel Comune di Jerago con Orago, ha sposato questo progetto con maggiore piacere ed entusiasmo per lo stretto legame con il territorio.

L’esposizione “Arte al Castello” sarà aperta al pubblico nelle giornate di giovedì 13 e venerdì 14 ottobre dalle 16.00 alle 20.00. Una guida accompagnerà i visitatori nel mondo di Andy Warhol, Yux, Iabo e degli altri artisti presenti.

La prima edizione di “Arte al Castello: Da Andy Warhol alla nuova Pop Art” si concluderà con un finissage sabato 15 ottobre 2016, dalle 17.00 alle 20.30 con una performance che coniuga arte e teatro a cura di Narr_0 Compagnia Teatrale.


Info Utili
Periodo espositivo: 12-15 ottobre 2016

Giorni di apertura al pubblico: 13 e 14 ottobre 2016 Orario: dalle 16.00 alle 20.00
Ingresso libero

Contatti Castello di Jerago

Via Castello, 9 - 21040
Jerago con Orago (VA)
Cristina Pinna - Responsabile comunicazione e eventi Castello di Jerago tel. 331 7046305
info@jerago.com
www.jerago.com

Contatti Galleria
PISACANE ARTE
via Pisacane 36, 20129, Milano
tel. 02.39521644
galleria@pisacanearte.it
www.pisacanearte.it

pubblica:


Domestic Landscape. Federica Cogo / Silvia Forese

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Federica Cogo - TAVOLO #4 - stampa digitale su plexyglass- cm.30x30 -2016


Due giovani artiste italiane documentano, attraverso progetti, installazioni e micro sculture, la loro personale visione di un Paesaggio Domestico spesso disfunzionale, costruito e abitato da oggetti quotidiani che alludono a un significato che spesso viene da lontano, pregni di "memoria oggettuale".

Domestic Landscape parte da uno spunto preciso: la mostra The New Domestic Landscape tenutasi al MOMA di New York nell’oramai lontano 1972, una grande esposizione il cui intento era diffondere l’architettura e il design d’avanguardia. Erano gli anni del radical design, che contestava palesemente tanto lo stato del design alla fine degli anni Sessanta, quanto l’intero contesto sociale in cui operavano i progettisti, caratterizzato da un rigido e dogmatico funzionalismo accademico. In contrapposizione a esso veniva proposta una visione liberatoria della vita e del progetto. Alla grande esposizione presero parte, tra gli altri, Sottsass, Zanotta, Archizoom e Superstudio. Quest’ultimo era un gruppo di architettura radicale ideatore degli “Istogrammi” – oggetti costruiti sulla base di un reticolo spaziale a maglia ortogonale, adattabile alle diverse scale, dal design all’urbanistica –, dal cui catalogo furono prodotti oggetti, mobili, environments che disegnavano un modo nuovo di concepire il design e l’ambiente domestico come “Paesaggio artificiale”, da ridefinire di volta in volta con estrema libertà per “l'edificazione di una natura serena e immobile in cui finalmente riconoscersi”. 
In Domestic Landscape, le due giovani artiste italiane Federica Cogo e Silvia Libera Forese partono da questo spunto creativo per riflettere su quanto sia rimasto di quel “periodo epico”, documentando, attraverso progetti, installazioni e micro sculture – dislocati negli spazi del Museo Civico Cavoti e di Art and Ars Gallery – la loro personale visione di un Paesaggio Domestico spesso disfunzionale, costruito e abitato da oggetti quotidiani che alludono a un significato che li supera e che, spesso, viene da lontano, pregni di “memoria oggettuale”, in cui sono visibili le trasformazioni delle relazioni umane, delle strutture familiari e sociali. Il Paesaggio Domestico di Cogo e Forese viene analizzato mediante il sistema di opposizioni e significazioni, di segno e materia, colore e progetto, e in un continuo fluttuare di senso offre uno spaccato della situazione tanto intimo e personale quanto collettivo, creando un percorso/racconto dinamico che coinvolge e avvolge lo spettatore, lasciandogli comunque la possibilità di entrare negli spazi mentali che i loro oggetti suggeriscono. 
Katia Olivieri


ART&ARS GALLERY
Via Raimondello Orsini 10 (73013)
+39 3296872839

orario: da lunedì a sabato ore 17 - 20.30
(possono variare, verificare sempre via telefono)
biglietti: free admittance
vernissage: 15 ottobre 2016. h 19
catalogo: in galleria. a cura di ART and ARS Gallery
curatori: Katia Olivieri
autori: Federica Cogo, Silvia Forese
note: Alle ore 21 Cocktail Party presso il Museo Civico "Pietro Cavoti" di Galatina (Solo per invito)
genere: design, arte contemporanea, doppia personale


Apulia Land Art Festival gli artisti del concorso recensiti da Giosuè Prezioso e Liliana Tangorra

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APULIA LAND ART FESTIVAL 2016 quarta edizione: L’ESPERIENZA DI ELEANOR GRIERSON, FAWN QIU, LEONARDO CANISTRA’E DARIO AGRIMI Di Giosuè Prezioso
Un chimerico lenzuolo di conifere, orchidee e falchi grillai perduto in Puglia, più rossa, arida e calda per antonomasia. È questo il paesaggio che ha ospitato gli 11 artisti in residenza presso ‘Apulia Land Art Festival’: il Bosco di Mesola (Cassano delle Murge, BA), una realtà silvanica indipendente che nonostante le piogge, le erosioni e i mutamenti delle ultime settimane ha lasciato intatte le opere di questi artisti provenienti da tutto il mondo, un urbi et orbi dell’arte nella periferica Puglia. Rivisitando il motto latino ‘gutta cavat lapidem’ (la goccia scava la pietra), gli 11 (1 duo) hanno proposto progetti molto diversificati, che come riprende la citazione, fra le righe, riporta l’acqua e la pietra come protagonisti dell’edizione. Per questioni editoriali, le 10 opere verranno presentate in due articoli: 5 e 5, la cui prima lista, senza ordine prestabilito, inizia come segue:
 
 
 
Eleanor Grierson. L’opera dell’artista inglese, architetto di formazione e in via di specializzazione presso l’università di Cambridge parte da una suggestione personale che vede la Grierson come un’estemporanea intellettuale britannica in corso di formazione nel nostro paese (favoleggiando un ‘Grand Tour’), da cui si dice attratta – sue parole – dai bellissimi ‘giardini all’italiana’ e dalla ‘campagna’. Interpretandone un po’ il ruolo, l’artista vive la residenza piuttosto accigliata, osservando però la terra ospitante con rispetto, interesse ed ispirazione. Quanto coglie – fra le cose – è il disegno frastagliato tipico del muretto a secco – opus incertum in architettura – a cui, su progetto personale, appone dei mattoni di terra autoctona seccati. Il risultato è contrastante: al seno di pietre secolari, grezze, ruvide e scalfite si ergono palazzine di mattoncini in terra che ricordano lo skyline di una cittadina inglese: lineare, verticale, ascendente.apulia-land-art-festival L’anima ‘incertum’ del muretto a secco, ora, è evidente. Il gioco della Grierson, però, si spinge proprio a rappresentare la transitorietà del manufatto umano, del progresso e dell’ascensione: i mattoncini di terra, percorsi dall’acqua, torneranno ad essere polvere, chiedendo asilo alla pietra ‘incerta’ che nonostante i secoli e la frammentarietà, resiste all’azione dell’acqua. L’invito della Grierson è quello di riflettere sulla caducità del manufatto umano, destinato a perire sotto la forza della natura e la sua imprevedibilità, invitando l’uomo, nel suo atto di costruzione, a sentirsi essere limitato, transitorio e caduco.
 
 
Fawn Qiu. Di origini cinesi, ma dal sarcasmo e dalla cultura americana, Fawn Qiu è un’artista dal curriculum più che variegato: pluripremiato ricercatore, brillante studentessa di Harvard, analista, educatrice ed artista, Fawn è un pan di risorse agli antipodi, ma che con solerzia, tenacia e dedizione tesse insieme, producendo opere singolari che chiudono triangoli spesso scaleni, quelli dell’arte, la scienza e l’insegnamento, l’istruzione. Storicamente contestualizzata, la sua opera parte dall’idea d’immigrazione, passaggio, frontiera, muro. In una serie di laboratori chiede a dei volontari di realizzare degli origami (icona dell’asia e di pace, intrattenimento) che si spiegazzano in più forme sulla base di copie di giornale che trattano dell’immigrazione in Puglia, tema storico e attuale. Poi, distribuendo gli origami sulla terra, in modo da definire una zona geografica prescelta (una “proto-Europa” per la residenza), l’artista collauda un software perché, puntando uno schermo sugli origami, si possano animare le fasi storiche dell’area: sull’Europa, per esempio, si alterano i confini dell’impero romano, quello carolingio, longobardo, germanico, francese, tedesco, italico e così via, rendendo visivo – seppur virtuale – il tormentato susseguirsi di muri, confini ed immigrazioni.apulia-land-art-10apulia-land-art-9 Da un piccolo cignetto bianco, quindi, si edifica un terremotato susseguirsi di epoche, in cui l’uomo, a capo di tirannici progetti, sposta, allarga e accorcia i confini geografici. Sfruttando l’elemento della participation, il coinvolgimento del pubblico, l’artista cerca di rendere visiva la responsabilità di ognuno nella costruzione dei limiti e delle barriere, “signifying that everyone, all humans” asserisce l’artista “are making the countries, the borders” (“con l’intento che tutti, tutti gli esseri umani [sono loro] a costruire gli stati, i confini”). Distribuendo gli origami sul terreno, inoltre, l’artista cerca di neutralizzare l’azione del confine, “trying to show”, come sottolinea lei stessa, “the balance between nature and manmade borders and maps” (tentando di mostrare l’equilibrio fra natura e i confini e le mappe di mano dell’uomo).
 
 
 
 
Leonardo Cannistrà. Molto complessa, l’opera dell’artista Leonardo Cannistrà – vivace fumettista, talentuoso scultore e pittore – parte da una lettura ad iperbole che ha come inizio l’epitaffio dedicato a Raffaello (di mano di Pietro Bembo) oggi nel Pantheon: “Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire”. Bembo, così come altri, considerava Raffaello il raggiungimento e il superamento della mimesis, l’imitazione della natura, che imitata –ed addirittura superata– trova compimento nell’operato dell’artista. Realizzando calchi di corpi naturali (pietre e tronchi d’albero) Cannistrà forgia pezzi che, per mezzo della techné, il fare, il processo artistico, riproducono perfettamente il corpo naturale, soddisfacendo la ricerca della mimesis e aggiungendo a questa, con novità contemporanea, il ‘difetto’, l’errore dell’artista, che come tale diventa creazione e novità, appositiōne(m), affiancamento. apulia-land-art-festival-12Il prodotto finale di Cannistrà è un manufatto all’apparenza naturale, partorito in un bosco, non replicabile; in questo, però, si cela un premeditato (?) margine di errore, difettosità e ‘mis-take’ – letteralmente ‘preso/interpretato male’ – che va interpretato come un gioco a scacchi con la storia, la critica e l’arte, a cui il giovane Leonardo – in nomen omen – ovvia con ironia e critico umorismo.
 
 
Dario Agrimi. Unica rappresentanza pugliese dell’Apulia Land Art Festival, Dario Agrimi vanta personali, collettive, premi e nomine a livello internazionale, distinguendosi per la personalità assai singolare di carismatico e provocatore, disarmando per la praticità nell’osservare e discutere concetti complessi, spesso trattati con ironia, arguzia e “dariocentrismo”. In occasione della residenza, questa centralità è messa off stage per un attimo, giusto il tempo di donare i propri abiti ad uno spaventapasseri, regista della piana di Mesola.dario-agrimi-apulia-land-art Lo spaventapasseri in questione è il titolare di un’opera complessa che Agrimi intitola Vita Vera, allitterazione tuonante che canta la parabola della vita: lo stare in piedi su uno scenario burrascoso e franoso che verte sull’imminenza della morte, destino comune a tutti gli esseri umani e che l’artista scava sui perimetri di una “X”, enfatizzandone l’anonimato, forse (?). Lo spaventapasseri porta i corredi delle casucole abbandonate nell’area, issato ad assi consunte che trovano un flebile cordone che le collega alla terra. Per far si che l’acqua penetri il terreno e il cordone si spezzi, Agrimi collauda una meccanica semplice ma d’effetto: l’acqua, incontrando la terra, sfalda la base dell’opera e la destina al ventre della terra, a cui sempre, per leggi entropiche, è stata destinata. Cruciforme, cristico ed apocalittico, lo spaventapasseri di Agrimi è un profeta della parabola della vita, che per somiglianza con l’artista (“cristico”, su suggestione personale) conferma il “dariocentrismo” di cui sopra.
 
APULIA LAND ART FESTIVAL: L’ESPERIENZA DI FABRIZIO CICERO, NOEL GAZZANO & GRACE ZANOTTO, NICOLAS MELLIET E VALENTINA SCIARRA di Liliana Tangorra
 
Apulia Land Art Festival: residenza, condivisione, evento. Nei giorni 16-17-18 settembre 11 artisti hanno presentato il frutto del loro lavoro al pubblico, sotto l’egida richiesta del direttore Carlo Palmisano del festival, il quale ha pensato per questa quarta edizione al tema Gutta CavArt Lapidem. Cinque le opere da me presentate durante il convegno scientifico realizzato a chiusura del Festival presso la Pinacoteca Comunale di Cassano delle Murge. Il vincitore, ex equo con Eleonor Grierson, Fabrizio Cicero
 
ha realizzato Lafuria, fabrizio-cicero-ilsitodellarte opera ironica e dissacrante, un kalashnikov in pietra tufacea tra gli alberi. Un elemento straniante, eppure così condiviso nell’immaginario comune, che solo la natura può toccare, modificare, penetrare. Un’icona della precarietà che diventa rifugio, dimora per la fauna locale.
 
Nicolas Melliet ha prodotto Time stretched Nature. L’artista ha trasformato i suoni del Bosco di Mesola, che insiste nell’agro di Cassano delle Murge e luogo della residenza, in frames,
 
 
 
 la cui ripetitività e accelerazione ha dato vita a musica elettronica – provocata dalla volontà degli spettatori che potevano decidere attraverso un bottone di cambiare il ritmo – fisicamente imbarazzante e al contempo attrattiva, capace di innestarsi nel paesaggio.
 
 
 
L’opera Vita di Valentina Sciarraè l’emblema della volontà dell’uomo al servizio della natura. È una stella scavata nel terreno che funge da abbeveratoio per la fauna locale. Vita è uno specchio d’acqua collocato in una porzione di territorio di cui ne è privo. Un’opera di land art con una doppia connotazione: il movimento, ricreato dall’acqua, e la stasi, acquisita attraverso la pietra.sciarra-ilsitodellarte Difatti questo lavoro è stato realizzato coscientemente per accomunare due elementi naturali ipoteticamente opposti ed in realtà complementari: pietra ed acqua.
Noel Gazzano e Grace Zanotto hanno realizzato l’installazione Terra Mia Io Sono Tua a un tempo «metafora ed esempio concreto del possibile, sincrono superamento di ogni forma di violenza: verso le donne, la natura e gli esseri umani tutti». Le due artiste, dicono nel loro comunicato stampa: «trasformano una preistorica specchia nel Bosco di Mesola – scelta come luogo-simbolo dell’originario rapporto non-violento tra essere umano e natura – in una vera e propria opera fitodepurante sfruttando la capacità della canapa di eliminare la diossina.
 


Dalla sommità della specchia fanno delicatamente emergere una struttura di legno recuperato e fibre naturali che, integrandosi con l’esistente, è rivestita da terra in cui germogliano semi di canapa formando un burka camouflage».
 
 

Apulia Land Art Festival gli artisti del concorso recensiti da Giosuè Prezioso e Liliana Tangorra

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APULIA LAND ART FESTIVAL 2016 quarta edizione: L’ESPERIENZA DI ELEANOR GRIERSON, FAWN QIU, LEONARDO CANISTRA’E DARIO AGRIMI

di Giosuè Prezioso
Un chimerico lenzuolo di conifere, orchidee e falchi grillai perduto in Puglia, più rossa, arida e calda per antonomasia. È questo il paesaggio che ha ospitato gli 11 artisti in residenza presso ‘Apulia Land Art Festival’: il Bosco di Mesola (Cassano delle Murge, BA), una realtà silvanica indipendente che nonostante le piogge, le erosioni e i mutamenti delle ultime settimane ha lasciato intatte le opere di questi artisti provenienti da tutto il mondo, un urbi et orbi dell’arte nella periferica Puglia. Rivisitando il motto latino ‘gutta cavat lapidem’ (la goccia scava la pietra), gli 11 (1 duo) hanno proposto progetti molto diversificati, che come riprende la citazione, fra le righe, riporta l’acqua e la pietra come protagonisti dell’edizione. Per questioni editoriali, le 10 opere verranno presentate in due articoli: 5 e 5, la cui prima lista, senza ordine prestabilito, inizia come segue:
 
 
 
Eleanor Grierson. L’opera dell’artista inglese, architetto di formazione e in via di specializzazione presso l’università di Cambridge parte da una suggestione personale che vede la Grierson come un’estemporanea intellettuale britannica in corso di formazione nel nostro paese (favoleggiando un ‘Grand Tour’), da cui si dice attratta – sue parole – dai bellissimi ‘giardini all’italiana’ e dalla ‘campagna’. Interpretandone un po’ il ruolo, l’artista vive la residenza piuttosto accigliata, osservando però la terra ospitante con rispetto, interesse ed ispirazione. Quanto coglie – fra le cose – è il disegno frastagliato tipico del muretto a secco – opus incertum in architettura – a cui, su progetto personale, appone dei mattoni di terra autoctona seccati. Il risultato è contrastante: al seno di pietre secolari, grezze, ruvide e scalfite si ergono palazzine di mattoncini in terra che ricordano lo skyline di una cittadina inglese: lineare, verticale, ascendente.apulia-land-art-festival L’anima ‘incertum’ del muretto a secco, ora, è evidente. Il gioco della Grierson, però, si spinge proprio a rappresentare la transitorietà del manufatto umano, del progresso e dell’ascensione: i mattoncini di terra, percorsi dall’acqua, torneranno ad essere polvere, chiedendo asilo alla pietra ‘incerta’ che nonostante i secoli e la frammentarietà, resiste all’azione dell’acqua. L’invito della Grierson è quello di riflettere sulla caducità del manufatto umano, destinato a perire sotto la forza della natura e la sua imprevedibilità, invitando l’uomo, nel suo atto di costruzione, a sentirsi essere limitato, transitorio e caduco.
 
 
Fawn Qiu. Di origini cinesi, ma dal sarcasmo e dalla cultura americana, Fawn Qiu è un’artista dal curriculum più che variegato: pluripremiato ricercatore, brillante studentessa di Harvard, analista, educatrice ed artista, Fawn è un pan di risorse agli antipodi, ma che con solerzia, tenacia e dedizione tesse insieme, producendo opere singolari che chiudono triangoli spesso scaleni, quelli dell’arte, la scienza e l’insegnamento, l’istruzione. Storicamente contestualizzata, la sua opera parte dall’idea d’immigrazione, passaggio, frontiera, muro. In una serie di laboratori chiede a dei volontari di realizzare degli origami (icona dell’asia e di pace, intrattenimento) che si spiegazzano in più forme sulla base di copie di giornale che trattano dell’immigrazione in Puglia, tema storico e attuale. Poi, distribuendo gli origami sulla terra, in modo da definire una zona geografica prescelta (una “proto-Europa” per la residenza), l’artista collauda un software perché, puntando uno schermo sugli origami, si possano animare le fasi storiche dell’area: sull’Europa, per esempio, si alterano i confini dell’impero romano, quello carolingio, longobardo, germanico, francese, tedesco, italico e così via, rendendo visivo – seppur virtuale – il tormentato susseguirsi di muri, confini ed immigrazioni.apulia-land-art-10apulia-land-art-9 Da un piccolo cignetto bianco, quindi, si edifica un terremotato susseguirsi di epoche, in cui l’uomo, a capo di tirannici progetti, sposta, allarga e accorcia i confini geografici. Sfruttando l’elemento della participation, il coinvolgimento del pubblico, l’artista cerca di rendere visiva la responsabilità di ognuno nella costruzione dei limiti e delle barriere, “signifying that everyone, all humans” asserisce l’artista “are making the countries, the borders” (“con l’intento che tutti, tutti gli esseri umani [sono loro] a costruire gli stati, i confini”). Distribuendo gli origami sul terreno, inoltre, l’artista cerca di neutralizzare l’azione del confine, “trying to show”, come sottolinea lei stessa, “the balance between nature and manmade borders and maps” (tentando di mostrare l’equilibrio fra natura e i confini e le mappe di mano dell’uomo).
 
 
 
 
Leonardo Cannistrà. Molto complessa, l’opera dell’artista Leonardo Cannistrà – vivace fumettista, talentuoso scultore e pittore – parte da una lettura ad iperbole che ha come inizio l’epitaffio dedicato a Raffaello (di mano di Pietro Bembo) oggi nel Pantheon: “Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di essere vinta; ma ora che è morto teme di morire”. Bembo, così come altri, considerava Raffaello il raggiungimento e il superamento della mimesis, l’imitazione della natura, che imitata –ed addirittura superata– trova compimento nell’operato dell’artista. Realizzando calchi di corpi naturali (pietre e tronchi d’albero) Cannistrà forgia pezzi che, per mezzo della techné, il fare, il processo artistico, riproducono perfettamente il corpo naturale, soddisfacendo la ricerca della mimesis e aggiungendo a questa, con novità contemporanea, il ‘difetto’, l’errore dell’artista, che come tale diventa creazione e novità, appositiōne(m), affiancamento. apulia-land-art-festival-12Il prodotto finale di Cannistrà è un manufatto all’apparenza naturale, partorito in un bosco, non replicabile; in questo, però, si cela un premeditato (?) margine di errore, difettosità e ‘mis-take’ – letteralmente ‘preso/interpretato male’ – che va interpretato come un gioco a scacchi con la storia, la critica e l’arte, a cui il giovane Leonardo – in nomen omen – ovvia con ironia e critico umorismo.
 
 
Dario Agrimi. Unica rappresentanza pugliese dell’Apulia Land Art Festival, Dario Agrimi vanta personali, collettive, premi e nomine a livello internazionale, distinguendosi per la personalità assai singolare di carismatico e provocatore, disarmando per la praticità nell’osservare e discutere concetti complessi, spesso trattati con ironia, arguzia e “dariocentrismo”. In occasione della residenza, questa centralità è messa off stage per un attimo, giusto il tempo di donare i propri abiti ad uno spaventapasseri, regista della piana di Mesola.dario-agrimi-apulia-land-art Lo spaventapasseri in questione è il titolare di un’opera complessa che Agrimi intitola Vita Vera, allitterazione tuonante che canta la parabola della vita: lo stare in piedi su uno scenario burrascoso e franoso che verte sull’imminenza della morte, destino comune a tutti gli esseri umani e che l’artista scava sui perimetri di una “X”, enfatizzandone l’anonimato, forse (?). Lo spaventapasseri porta i corredi delle casucole abbandonate nell’area, issato ad assi consunte che trovano un flebile cordone che le collega alla terra. Per far si che l’acqua penetri il terreno e il cordone si spezzi, Agrimi collauda una meccanica semplice ma d’effetto: l’acqua, incontrando la terra, sfalda la base dell’opera e la destina al ventre della terra, a cui sempre, per leggi entropiche, è stata destinata. Cruciforme, cristico ed apocalittico, lo spaventapasseri di Agrimi è un profeta della parabola della vita, che per somiglianza con l’artista (“cristico”, su suggestione personale) conferma il “dariocentrismo” di cui sopra.
 
APULIA LAND ART FESTIVAL: L’ESPERIENZA DI FABRIZIO CICERO, NOEL GAZZANO & GRACE ZANOTTO, NICOLAS MELLIET E VALENTINA SCIARRA
di Liliana Tangorra
 
Apulia Land Art Festival: residenza, condivisione, evento. Nei giorni 16-17-18 settembre 11 artisti hanno presentato il frutto del loro lavoro al pubblico, sotto l’egida richiesta del direttore Carlo Palmisano del festival, il quale ha pensato per questa quarta edizione al tema Gutta CavArt Lapidem. Cinque le opere da me presentate durante il convegno scientifico realizzato a chiusura del Festival presso la Pinacoteca Comunale di Cassano delle Murge. Il vincitore, ex equo con Eleonor Grierson, Fabrizio Cicero
 
ha realizzato Lafuria, fabrizio-cicero-ilsitodellarte opera ironica e dissacrante, un kalashnikov in pietra tufacea tra gli alberi. Un elemento straniante, eppure così condiviso nell’immaginario comune, che solo la natura può toccare, modificare, penetrare. Un’icona della precarietà che diventa rifugio, dimora per la fauna locale.
 
Nicolas Melliet ha prodotto Time stretched Nature. L’artista ha trasformato i suoni del Bosco di Mesola, che insiste nell’agro di Cassano delle Murge e luogo della residenza, in frames,
 
 
 
 la cui ripetitività e accelerazione ha dato vita a musica elettronica – provocata dalla volontà degli spettatori che potevano decidere attraverso un bottone di cambiare il ritmo – fisicamente imbarazzante e al contempo attrattiva, capace di innestarsi nel paesaggio.
 
 
 
L’opera Vita di Valentina Sciarraè l’emblema della volontà dell’uomo al servizio della natura. È una stella scavata nel terreno che funge da abbeveratoio per la fauna locale. Vita è uno specchio d’acqua collocato in una porzione di territorio di cui ne è privo. Un’opera di land art con una doppia connotazione: il movimento, ricreato dall’acqua, e la stasi, acquisita attraverso la pietra.sciarra-ilsitodellarte Difatti questo lavoro è stato realizzato coscientemente per accomunare due elementi naturali ipoteticamente opposti ed in realtà complementari: pietra ed acqua.
Noel Gazzano e Grace Zanotto hanno realizzato l’installazione Terra Mia Io Sono Tua a un tempo «metafora ed esempio concreto del possibile, sincrono superamento di ogni forma di violenza: verso le donne, la natura e gli esseri umani tutti». Le due artiste, dicono nel loro comunicato stampa: «trasformano una preistorica specchia nel Bosco di Mesola – scelta come luogo-simbolo dell’originario rapporto non-violento tra essere umano e natura – in una vera e propria opera fitodepurante sfruttando la capacità della canapa di eliminare la diossina.
 


Dalla sommità della specchia fanno delicatamente emergere una struttura di legno recuperato e fibre naturali che, integrandosi con l’esistente, è rivestita da terra in cui germogliano semi di canapa formando un burka camouflage».
 
 

Al Circolo dei Lettori – Fondazione Adolfo Pini per la serie “Giovani talenti” Giulia Caminito racconta il suo libro d’esordio

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Al Circolo dei Lettori – Fondazione Adolfo Pini

per la serie“Giovani talenti”
Giulia Caminito racconta il suo libro d’esordio

La grande A(Giunti)

insieme a Matteo Marchesini ed Erika Renai
LA GRANDE A
Giovedì 13 ottobre ore 18.30 Fondazione Adolfo Pini


Corso Garibaldi 2, Milano

(ingresso libero fino a esaurimento posti)

appuntamento del Circolo dei Lettori - Fondazione Adolfo Pini,che si terràgiovedì 13 ottobre alle ore 18.30. Per la serie Giovani talenti, verrà presentato il romanzo d’esordio della scrittrice dal  titolo la Grande A, in uscita per Giunti proprio lo stesso giorno dell’incontro. L’autrice  dialogherà  con Matteo Marchesini, poeta romanziere e critico letterario. L’attrice Erika Renai leggerà  brani tratti dal testo.
 
Dalla scrittura forte, sicura, inventiva, inconsueta, liberamente ispirato alla biografia di famiglia    – i nonni si conobbero ad Assab e la bisnonna fu guidatrice di camion, contrabbandiera di alcolici e personalità vivace della comunità italiana di Etiopia ed Eritrea –il romanzo è ambientato in  un’Africa che alcuni italiani hanno conosciuto bene, tra fascismo e dopoguerra. Protagonista   assoluta – circondata da personaggi dal fascino potente e ambiguo – è Giada, ragazzina fragile,“una   raganella” leggera come “un sacco di bietole”, che sbarcherà nelle ex colonie italiane per      ricongiungersi finalmente alla madre, ma incontrerà la vita nelle sue forme più ruvide, sullo     sfondo di una Storia rimossa o dimenticata.
 
Matteo Marchesini,oltre ad alcuni libri per ragazzi, ha pubblicato la raccolta di versi Marcia       nuziale (2009), le satire di Bologna in corsivo (2010), il romanzo Atti mancanti (2013), i saggi    letterali di Da Pascoli a Busi (2014) e la raccolta di poesie Cronaca senza storia (2016). Collabora
  con Radio radicale, “Il Foglio” e “Il Sole 24 ORE”.
 Erika Renai è diplomata presso la scuola del Piccolo Teatro di Milano. Ha lavorato con Luca   Ronconi, Peter Stein, Gianfranco De Bosio e con il Maestro Giorgio Gaslini. Ha collaborato con    Rai Tre e RAI Storia. In questa stagione sta presentando il monologo dal titolo E fu chiamata    donna.
  
Nato dall’incontro tra la Fondazione di Corso Garibaldi, dedicata alla promozione delle arti, e la     curatrice ed editor indipendente Laura Lepri, il Circolo dei Lettori – Fondazione           
 Piniprosegue la propria missione volta a promuovere l’interesse per la lettura e la letteratura, dopo  
 essere divenuto un punto di riferimento milanese per appassionati di libri, autori ed editori nei suoi
 primi due anni densi di incontri e progetti: 70 gli appuntamenti letterari organizzati per adulti e
 bambini, più di 60 i libri presentati, oltre 100 gli autori ospitati tra i quali Dacia Maraini,
 Francesco Piccolo (Premio Strega 2014), Andrea Vitali, Marco Missiroli (Premio Campiello Opera
 prima 2006), Vittorio Sgarbi (storico e critico d’arte), Piero Dorfles (giornalista e critico letterario),
 Luca Formenton (presidente della casa editrice Il Saggiatore).
 Fin dalla sua creazione Il Circolo dei Lettori si è identificato con una specifica vocazione di
 promozione della lettura declinando gli appuntamenti per tipologie diverse di lettore. Costruiti sulla
 falsariga delle collane editoriali, i vari cicli di incontri disegnano una mappa che favorisce
 l’orientamento e l’approfondimento di fronte alla sovrabbondanza della produzione editoriale
 contemporanea. Otto gli itinerari proposti: Incontri con gli scrittori; le Conversazioni tra amiche che
 leggono; Raccontami la storia; Leggere le città; Leggere i Classici; Giovani talenti; A due voci; e
 Scelti da noi.
 
Fondazione Nata nel 199 A1 dpoelrf ov oPloinnit à di Adolfo Pini (1920-1986), la Fondazione che porta il suo nome ha  a Milano nell’elegante palazzina di fine Ottocento in corso Garibaldi 2. Oltre ad Adolfo Pini, uomo   
 di scienza e docente di fisiologia, qui ebbe dimora e studio il pittore Renzo Bongiovanni Radice  
 (1899-1970), zio materno di Pini, che fu una figura chiave nella formazione culturale del nipote,
 guidandone in particolare l’interesse verso le arti. Per volontà di Adolfo Pini la Fondazione è
 dedicata alla memoria dello zio con l’obiettivo di promuoverne e valorizzarne l’opera pittorica,
attraverso studi e mostre, e il sostegno ai giovani artisti attivi in tutte le arti, con borse di studio,
 offerte formative e altre iniziative. Essa promuove inoltre anche la figura di Adolfo Pini che,
 accanto ala sua attività scientifica, fu anche scrittore, poeta, compositore e appassionato d’arte,
 rappresentando una perfetta sintesi di cultura scientifica e umanistica. Tra le iniziative promosse
 dalla Fondazione Adolfo Pini vi è il Circolo dei Lettori, a cura di Laura Lepri, Storie Milanesi, a
cura di Rosanna Pavoni e un nuovo progetto artistico che coinvolge sia studenti di NABA Nuova
 Accademia delle Belle Arti di Milano sia dell’Accademia di Brera, a cura di Adrian Paci.
 

Giovedì 13 ottobre ore 18.30
La Grande A
con Giulia Caminito, Matteo Marchesini ed Erika Renai
 

Facebook : Fondazione Pini

Uffucio stampa Fondazione Adolfo Pini

Alessandra de Antonellis E-mail: alessandra.deantonellis@ddlstudio.net T 339 3637.388

Laura Cometa E-mail: laura.cometa@ddlstudio.net T 327 1778443

Il Sito dell'Arte

 
 

 

Al Circolo dei Lettori – Fondazione Adolfo Pini per la serie “Giovani talenti” Giulia Caminito racconta il suo libro d’esordio

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Al Circolo dei Lettori – Fondazione Adolfo Pini

per la serie“Giovani talenti”
Giulia Caminito racconta il suo libro d’esordio

La grande A(Giunti)

insieme a Matteo Marchesini ed Erika Renai
LA GRANDE A
Giovedì 13 ottobre ore 18.30 Fondazione Adolfo Pini


Corso Garibaldi 2, Milano

(ingresso libero fino a esaurimento posti)


appuntamento del Circolo dei Lettori - Fondazione Adolfo Pini,che si terràgiovedì 13 ottobre alle ore 18.30. Per la serie Giovani talenti, verrà presentato il romanzo d’esordio della scrittrice dal  titolo la Grande A, in uscita per Giunti proprio lo stesso giorno dell’incontro. L’autrice  dialogherà  con Matteo Marchesini, poeta romanziere e critico letterario. L’attrice Erika Renai leggerà  brani tratti dal testo.      
Dalla scrittura forte, sicura, inventiva, inconsueta, liberamente ispirato alla biografia di famiglia    – i nonni si conobbero ad Assab e la bisnonna fu guidatrice di camion, contrabbandiera di alcolici e personalità vivace della comunità italiana di Etiopia ed Eritrea –il romanzo è ambientato in  un’Africa che alcuni italiani hanno conosciuto bene, tra fascismo e dopoguerra. Protagonista   assoluta – circondata da personaggi dal fascino potente e ambiguo – è Giada, ragazzina fragile,“una   raganella” leggera come “un sacco di bietole”, che sbarcherà nelle ex colonie italiane per      ricongiungersi finalmente alla madre, ma incontrerà la vita nelle sue forme più ruvide, sullo     sfondo di una Storia rimossa o dimenticata.      
 
Matteo Marchesini,oltre ad alcuni libri per ragazzi, ha pubblicato la raccolta di versi Marcia       nuziale (2009), le satire di Bologna in corsivo (2010), il romanzo Atti mancanti (2013), i saggi    letterali di Da Pascoli a Busi (2014) e la raccolta di poesie Cronaca senza storia (2016). Collabora
  con Radio radicale, “Il Foglio” e “Il Sole 24 ORE”.
 Erika Renai è diplomata presso la scuola del Piccolo Teatro di Milano. Ha lavorato con Luca   Ronconi, Peter Stein, Gianfranco De Bosio e con il Maestro Giorgio Gaslini. Ha collaborato con    Rai Tre e RAI Storia. In questa stagione sta presentando il monologo dal titolo E fu chiamata    donna.
  
Nato dall’incontro tra la Fondazione di Corso Garibaldi, dedicata alla promozione delle arti, e la     curatrice ed editor indipendente Laura Lepri, il Circolo dei Lettori – Fondazione      Pini prosegue la propria missione volta a promuovere l’interesse per la lettura e la letteratura, dopo     essere divenuto un punto di riferimento milanese per appassionati di libri, autori ed editori nei suoi primi due anni densi di incontri e progetti: 70 gli appuntamenti letterari organizzati per adulti  Francesco Piccolo (Premio Strega 2014), Andrea Vitali, Marco Missiroli (Premio Campiello Opera  prima 2006), Vittorio Sgarbi (storico e critico d’arte), Piero Dorfles (giornalista e critico letterario),   Luca Formenton (presidente della casa editrice Il Saggiatore).
 Fin dalla sua creazione Il Circolo dei Lettori si è identificato con una specifica vocazione di   promozione della lettura declinando gli appuntamenti per tipologie diverse di lettore. Costruiti sulla   falsariga delle collane editoriali, i vari cicli di incontri disegnano una mappa che favorisce   l’orientamento e l’approfondimento di fronte alla sovrabbondanza della produzione editoriale   contemporanea. Otto gli itinerari proposti: Incontri con gli scrittori; le Conversazioni tra amiche che    leggono; Raccontami la storia; Leggere le città; Leggere i Classici; Giovani talenti; A due voci; e      Scelti da noi.   
Fondazione Nata nel 199 A1 dpoelrf ov oPloinnit à di Adolfo Pini (1920-1986), la Fondazione che porta il suo nome ha  a Milano nell’elegante palazzina di fine Ottocento in corso Garibaldi 2. Oltre ad Adolfo Pini, uomo   
 di scienza e docente di fisiologia, qui ebbe dimora e studio il pittore Renzo Bongiovanni Radice   (1899-1970), zio materno di Pini, che fu una figura chiave nella formazione culturale del nipote,    guidandone in particolare l’interesse verso le arti. Per volontà di Adolfo Pini la Fondazione è   dedicata alla memoria dello zio con l’obiettivo di promuoverne e valorizzarne l’opera pittorica,   attraverso studi e mostre, e il sostegno ai giovani artisti attivi in tutte le arti, con borse di studio,    offerte formative e altre iniziative. Essa promuove inoltre anche la figura di Adolfo Pini che,      accanto ala sua attività scientifica, fu anche scrittore, poeta, compositore e appassionato d’arte,       rappresentando una perfetta sintesi di cultura scientifica e umanistica. Tra le iniziative promosse   dalla Fondazione Adolfo Pini vi è il Circolo dei Lettori, a cura di Laura Lepri, Storie Milanesi, a
cura di Rosanna Pavoni e un nuovo progetto artistico che coinvolge sia studenti di NABA Nuova
 Accademia delle Belle Arti di Milano sia dell’Accademia di Brera, a cura di Adrian Paci.
 


Giovedì 13 ottobre ore 18.30

La Grande A

con Giulia Caminito, Matteo Marchesini ed Erika Renai
 

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Alessandra de Antonellis E-mail: alessandra.deantonellis@ddlstudio.net T 339 3637.388

Laura Cometa E-mail: laura.cometa@ddlstudio.net T 327 1778443

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VENICE DESIGN WEEK 2016. Wearable technologies

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Chiara Bonadiman: anello smart
 
 
Fino  al 9 ottobre 2016A cura dell’associazione culturale Arte e Design a Venezia
La manifestazione è patrocinata da Regione Veneto



Comunicato Stampa

La formula delle Design Weekè collaudata in tutto il mondo. La declinazione che dal 2010 ne propone Venezia è però del tutto originale, non fosse altro che per il fatto che nessuna location del pianeta è avvicinabile all’assoluta unicità di quel contesto.
La magia, e la straordinaria tradizione di artigianato d’arte della Serenissima, polarizzano l’attenzione e stimolano idee a designers internazionali che, anche per questo, privilegiano lo scenario veneziano per presentare le loro innovazioni.

Per questo Venice Design Week, edizione dopo edizione, è andata assumendo rilevanza e caratteristiche di assoluta unicità tra le analoghe proposte europee, candidandosi a diventare una “piattaforma” internazionale tutta riservata al design. Ovvero un luogo di incontro mondiale del design, laddove esso presenti caratteristiche di eccezionalità.
Il tutto in un percorso che dissemina design e idee per gran parte del “pesce” veneziano, coinvolgendo i vari sestieri compresa la Giudecca. Tutti i progetti saranno all’insegna di un equilibrio tra estetica, forma, funzione.

Ogni edizione viene focalizzata su un tema. Quello che l’associazione Culturale Arte e Design a Venezia ha scelto per il 2016 è di notevole attualità. Si tratteranno le “wearable technologies (tecnologie indossabili), un filo conduttore a cui si collegheranno situazioni diversissime e diversissimi ambiti di applicazione. Come a esempio “l’inclusive design”, progetti semplici da usare, pensati anche per chi può avere difficoltà (e abilità) diverse. Ecco il tema della tecnologia come mezzo per facilitare il nostro rapporto con la realtà che ci circonda.

I designer invitati all’edizione 2016 di Venice Design Week sono connotati da un approccio progettuale innovativo, inclusivo, condiviso e multidisciplinare.

Ad ospitare il loro confronto di idee e di progetti sarà il Museo di Palazzo Mocenigo, - Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, tra le sedi della Fondazione Musei Civici di Venezia quella cioè che spesso riserva approfondimenti legati all'ambito della moda. E’, evidentemente, una scelta di location altamente simbolica. Non un qualunque contenitore, ma un museo attivo, interessato a documentare e a capire come cambiano le nostre abitudini, per stimolare una riflessione tra passato e presente.
Riflessione, mai scontro, che connota l’intera Venice Design Week che guarda avanti, anche molto avanti, proprio perché è conscia di poter tenere ben saldi i piedi, ovvero le radici vitali, in un solido, lungo passato di ricerca e di capacità artigiana e industriale.

Diversi i concorsi stimolati dalla edizione 2016 di Venice design Week. A cominciare dal concorso “Wearable Technologies” in collaborazione con ADI, IUAV, museo della Moda e del Costume di Venezia, Museo di Palazzo Mocenigo, Museo dell’occhiale e istituzioni internazionali. Il concorso mira a selezionare oggetti definibili come “tecnologia indossabile”.
Il concorso “La luce sottolinea” mostra progetti, realizzazioni e di sistemi di illuminazione. La mostra sarà ospitata dal Hotel Saturnia & International a due passi da piazza San Marco.
Le proposte derivanti dal concorso “Venice Design Week Jewellery Selection 2016” (terza edizione) saranno in mostra a Ca’ Pisani Design Hotel.


A tutto questo si aggiungono due “selezioni” speciali dei curatori in cui si presentano prodotti “finiti”. Non più il prototipo, l’idea o il progetto ma l’oggetto pronto per il mercato e i buyers internazionali non mancheranno all’appuntamento. Una selezione è intitolata “L’eleganza del cigno nero” ed è un percorso espositivo tra accessori moda, complemento d’arredo e arte che inizia a Ca’ Sagredo. L’altra chiamata “Equilibri” (a cura di Michela Codutti), propone la ricerca dell’equilibro estetico nel design, e si sviluppa in più sedi tra cui l’Hilton hotel e lo show room Guadagni.

“La settimana del design – afferma la curatrice Lisa Balasso - ci conduce a scoprire le ragioni, i meccanismi, le idee che sottendono agli oggetti che ognuno di noi utilizza senza più vederli legati a una mera necessità. Ci propone dunque una riflessione su temi centrali come le tecnologie indossabili, l’usabilità degli oggetti, l’interazione con noi stessi e con gli altri, fino a trattare l’illuminazione degli ambienti che interagisce con noi grazie a interfacce sempre più semplici da usare. L’uomo al centro di un universo di oggetti d’uso, non solo decorativi ma pratici, realizzati pensando a un utilizzo da parte di tutti.
Ma anche l’uomo il cui corpo può essere connesso a micro apparecchiature che aumentano la percezione, l’interazione con noi stessi e con gli altri. Durante la settimana, inoltre, sarà possibile approfondire argomenti come i tessuti interattivi o effettuare visite particolari che stimolano la creatività manuale.”


Per informazioni:
Venice Design Week: venicedesignweek.it
Segreteria organizzativa:
mail@venicedesignweek.it

Ufficio Stampa:
Studio Esseci.net tel. +39.049663499
gestione3@studioesseci.net

Ufficio stampa Fondazione Musei Civici di Venezia
Riccardo Bon, tel. +39 (0)412405225-32;
press@fmcvenezia.it
riccardo.bon@fmcvenezia.it
 

SOTTOBRACCIO collettiva internazionale d’arte contemporanea

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SOTTOBRACCIO

collettiva internazionale d’arte contemporanea
 
cura di Rossana Bucci e Oronzo Liuzzi



8 Ottobre – 5 Novembre 2016

Inaugurazione: 8 Ottobre ore 19.00


 MUSEO DELLA CITTA’ E DEL TERRITORIO

Via Trilussa, 10

Corato (BA)


 Orario:

martedì, giovedì, sabato ore 17,30 – 20,30

mercoledì e venerdì ore 9,30 – 12,30

domenica 10,00 – 12,00 / 17,30 – 20,30

chiuso il lunedì





 Stiamo procedendo secondo un ordine distruttivo in una società globale liquida. Viviamo la paura di precipitare e naufragar in questo mare di irrequietezza e fanatismo. La morte sventrata dal nulla, la crisi profonda delle ideologie, il mancato appello ad una comunità dei valori, la strada dell’indifferenza dove la luce svanisce è l’emblema di una fine e vivere “l’epoca rossa degli sputi e delle grida; il caos nello spirito” (Marcel Bélanger).

Disordini, conflitti, razzismo, apparire a tutti i costi, la società subisce il continuo processo di precarizzazione senza punti di riferimento; un consumismo che non si appaga nel possesso estremo di oggetti di desiderio. Rabbia ad alta tensione, diveniamo divisi ingannatori con l’incubo del nemico che genera terrore. “Con la crisi del concetto di comunità emerge un individualismo sfrenato, dove nessuno è più compagno di strada di ciascuno ma antagonista, da cui guardarsi” (Umberto Eco).

L’avvenire che, il Verbo che, il pensare che, l’ideale che, un amico che, il possibile fare che, il diritto che, l’essenza delle cose che, “la propria meravigliosa natura” (Novalis) che. “Credo che il Nuovo Ordine Mondiale sia stato raggiunto: tutti contro tutti. Sciami umani improvvisati contro obiettivi di cui ci si dimentica dopo dieci minuti. E il tempo che accelera sempre più svuotato di senso.” ha scritto Aldo Nove in un post su Facebook.

L’artista deve ribellarsi a questa rappresentazione della realtà, aspetto di verità per certi versi imposto dal sistema e dai media, e dire tutto quello che pensa in una società addormentata e disorientata, sempre più complessa e in continua trasformazione e scegliere quella libertà di pensiero umano per non tacere. Nel dire al di là del dire bisogna che l’arte ritrovi la sua vera identità: del e nel fare cultura, per enunciare un legame sociale fatto di condivisione e di incontro, di relazioni io-tu, io-altro, per dirla con Rimbaud “Io è un altro”.

In questa esperienza di unione e condivisione, l’arte crea e rivela lo splendore dell’energia mediante l’aggregazione di persone, per un cammino che si compie grazie all’incontro esistenziale tra l’essere umano e il mondo. L’assenza si trasforma in essenza. L’insostenibile analogia dell’isolamento dominata da incertezze fragilità e conflittualità, riappropria l’andare ‘oltre’quella narrazione del vivere in comunione, presagendo un rinnovamento etico e culturale del fare arte.

Pensare di arroccarci nella nostra identità, di “esimerci dal contatto e dalla contaminazione con gli altri è ridicolo, un’illusione” preoccupato scrive Richard Sennett, tra i più autorevoli sociologi contemporanei. In un sistema sociale incompleto, incoerente e ambiguo, dove le relazioni diventano sempre più povere e fredde, la funzione dell’arte, non più immorale, è quella di interagire con tutti i popoli della terra, rendere i nostri confini più porosi, dialoghi più aperti, così da favorire i contatti con la gente, anziché ostacolarli.

Sottobraccio come luogo di contatto internazionale e idea di accostamento. È il viaggiare insieme. È la totale libertà dell’agire e trovare le condizioni per delle possibili risposte. Una voce più articolata e più diversificata, “una voce che include noi tutti e che arriva a noi tutti. Una voce che sinceramente cerca la liberazione attraverso il significato e la ridefinizione” (Felix Gonzalez-Torres, da Flash Art no.185, giugno 1994).

Sottobraccio è il noi insieme dove gli artisti si coalizzano e uniscono le forze per relazionarsi. Un grande mosaico di vita esperienza dialogo condivisione correlazione e fuori dal disordine dei rumori e dentro il disordine dei rumori, sottobraccio un concerto d’arte che legge il mondo e lo riscrive.


                                                                              Rossana Bucci – Oronzo Liuzzi




 Artisti:

Meral AGAR (Turchia) , Gionatan ALPINI (Italia), Franco ALTOBELLI (Italia), Francesco APRILE (Italia), Vittore BARONI (Italia), Tchello d’BARROS (Brasile), Victoria BARVENKO (Russia), Pier Roberto BASSI (Italia), Lancillotto BELLINI (Italia), John M. BENNETT (USA), Luisa BERGAMINI (Italia), Carla BERTOLA (Italia), Mariella BOGLIACINO (Italia), Maria BONADUCE (Italia), Anna BOSCHI (Italia), Costin BRATEANU (Romania), Rossana BUCCI (Italia), Alfonso CACCAVALE (Italia), Domenico CARELLA (Italia), Michele CARMELLINO (Italia), Paolo CARNEVALE (Italia), Mariangela CASSANO (Italia), Sergio CENA (Francia), Pierluca CETERA (Italia), Daniela CHIONNA (Italia), Francesca CHO (Francia), Pino COCE (Italia), Ryosuke COHEN (Giappone), Franco CORTESE (Italia), Natale CUCINIELLO (Italia), Michele DE LUCA (Italia), Antonio DE MARCHI GHERINI (Italia), Teo DE PALMA (Italia), Paolo DE SANTOLI (Italia), Gianni DE SERIO (Italia), Adolfina DE STEFANI (Italia), Rosa DIDONNA (Italia), Marcello DIOTALLEVI (Italia), Selma DURUKANOGLU (Turchia), Annamarie DZENDROWSKYJ (Inghilterra), Fernando FALCONI (Italia), Fernanda FEDI (Italia), Luc FIERENS (Belgio), Maurizio FOLLIN (Italia), Teresa GALLETTI (Italia), Giorgio GALLI (Italia), Letizia GATTI (Italia), Giulio GIANCASPRO (Italia), Roberto GIANINETTI (Italia), Gino GINI (Italia), Claudio GRANDINETTI (Italia), GRUPPO SINESTETICO (Italia), John HELD Jr. (USA), Juliana HELLMUNDT (Germania), Tanja INKERI (Finlandia), Claudio JACCARINO (Italia), Katja JUHOLA (Finlandia), Saifunnisha KHATUN (India), Reiner LANGER (Germania), Ettore LE DONNE (Italia), Alfonso LENTINI (Italia), Chen LI (Cina), Nicola LIBERATORE (Italia), Pierpaolo LIMONGELLI (Italia), Oronzo LIUZZI (Italia), Maya LOPEZ MURO (Argentina), Eugenio LUCREZI (Italia), Ruggero MAGGI (Italia), Francesca MAGRO (Italia), MAILARTA (Canada), Angela MANGIONE (Italia), Maria MARTINELLI (Italia), Jessie McNEIL (Canada), Italo MEDDA (Italia), Virginia MILICI (Italia), Giorgio MOIO (Italia), Fernando *****’ (Italia), Emilio MORANDI (Italia), Enzo MORELLI (Italia), Giovanni MORGESE (Italia), Keiichi NAKAMURA (Giappone), Massimo NARDI (Italia), Paola NASTI (Italia), Pierangela ORECCHIA (Italia), Clemente PADIN (Uruguay), Arturo PAGANO (Italia), Margot PARIS (Canada), Walter PENNACCHI (Italia), Salvatore PEPE (Italia), Michele PERI (Italia), Manoj PODDAR (India), Daniela RAFFAELE (CLITOROSSO) (Italia), Tulio RESTREPO (Colombia), Carla RIGATO (Italia), Susan RINGLER (USA), Dale ROBERTS (Canada), Enzo ROSAMILIA (Italia), Nando ROSAMILIA (Italia), Peppe ROSAMILIA (Italia), Marino ROSSETTI (Italia), Caterina ROTELLA (Italia), Lucia ROTUNDO (Italia), Enzo RUGGIERO (Italia), Alvaro SANCHEZ (Guatemala), Francesco SANNICANDRO (Italia), Roberto SCALA (Italia), Mor Talla SECK (Senegal), Domenico SEVERINO (Italia), Maria Josè SILVA (Portogallo), Fulgor SILVI (Italia), Alberto SORDI (Italia), Lucia SPAGNUOLO (Italia), STILIACHUS (Germania), Giovanni e Renata STRADA (Italia), Angelo TOZZI (Italia), Antonio TRAMONTANO (Italia), Giuseppe VALLARELLI (Italia), Rosanna VERONESI (Italia), Alberto VITACCHIO (Italia), Carol WHITE (Irlanda), Tony WHITE (Francia).





In collaborazione con:

COMUNE DI CORATO (BA)

ASSOCIAZIONE CULTURALE EUREKA

SISTEMA MUSEO



tel. 080.8720732 /
www.sistemamuseo.it / e-mail: corato@sistemamuseo.it

sabato, 08. ottobre 2016, Corato, Sottobraccio

Il Sito dell'Arte
 
 

Mostra Fogli Barocchi. Disegni bolognesi tra Seicento e Settecento | Dall'8/11 al 23/12 a Bologna nella Galleria Maurizio Nobile

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“Fogli Barocchi. Disegni bolognesi tra Seicento e Settecento“
mostra e catalogo a cura di Marco Riccòmini
 
Galleria Maurizio Nobile, Bologna
 
08 novembre - 23 dicembre 2016
 
 
Sul sito www.culturaliart.comè disponibile il download di cartella stampa e immagini
 
 
Con l’arrivo dell’autunno la Galleria Maurizio Nobile celebra l’arte bolognese con una mostra dedicata al disegno: Fogli Barocchi. Disegni bolognesi tra Seicento e Settecento. La mostra a cura di Marco Riccòmini inaugurerà sabato 5 novembre in via Santo Stefano 19/a, nella sede bolognese della galleria, e rimarrà aperta fino al 23 dicembre 2016.
 
Ripercorrendo la felice stagione del disegno del Barocco bolognese, la mostra presenterà una ricca selezione di circa 30 disegni dei più famosi ed importanti pittori che hanno lavorato nel panorama bolognese tra Seicento e Settecento. Attraverso un’attenta e lunga ricerca storiografica e critica saranno proposti al pubblico disegni inediti e scoperte interessanti, oltre ad opere e lavori già noti agli studi.
 
Con il Seicento e in particolare con l’ascesa dei Carracci, si inaugura a Bologna una grande stagione di riforma dell’arte che restituisce al disegno una posizione di centralità nella creazione artistica. Il disegno diventa non solo un esercizio per perfezionare la mano dell’artista, non solo un mezzo con cui lasciare sulla carta una prima idea dell’opera, ma anche un mezzo d’indagine e di comprensione della realtà.
Tra gli eredi di questo approccio c’è sicuramente Giovanni Francesco Barbieri noto come il Guercino (Cento 1591 - Bologna 1622). In mostra sarà esposto un suo disegno raffigurante un Vecchioritratto a mezzo busto. Se una parte della produzione grafica dell’artista documenta un vivo interesse per i temi e i soggetti anche più umili della realtà quotidiana indagata in presa diretta dal vero, mai il Guercino appare così crudamente indagatore della realtà umana. Per carica emotiva e introspettiva che emana la figura questo disegno è accostabile a un vero e proprio ritratto.
 
La realizzazione di un disegno aveva naturalmente anche lo scopo di preparare l’opera pittorica finale. È questo il caso di due fogli di grande formato, presenti in mostra, di due importanti protagonisti dell’arte bolognese dai temperamenti molto diversi tra loro, a cavallo tra i due secoli: Marcantonio Franceschini (Bologna 1648 - 1729) e Francesco Monti (Bologna 1685 - Brescia 1768).
Primo allievo del Cignani, lavorò lungamente con il maestro e con Quaini che divenne poi suo inseparabile aiutante, soprattutto a partire dagli anni ‘70 quando la sua fama gli procurò importanti commissioni anche dall’estero e fu “corteggiato” da molti sovrani europei. Agli anni ‘90 risalgono i primi incarichi per il principe Adamo Giovanni di Liechtenstein. Proprio per una delle tele del suo palazzo di Rorhau nei pressi di Vienna è preparatorio il foglio, in mostra, raffigurante il Trionfo di Flora e Zefiro. Questo e altri dipinti furono eseguiti in sostituzione della decorazione ad affresco, richiesta in prima istanza, e che non fu possibile realizzare per l’ostinato rifiuto del Franceschini di trasferirsi a Vienna.
Francesco Monti fu allievo di Sigismondo Caula a Modena e nel 1703 entrò nello studio di Gian Gioseffo Dal Sole, che allora rappresentava l’erede della lezione carraccesca contro l’accademismo di Marcantonio Franceschini. Nella sua bottega poté conoscere il giovane Donato Creti, avvicinandosi così alla tendenza più aggiornata della cultura pittorica felsinea, quella di Giuseppe Maria Crespi e Antonio Gionima. Il disegno in mostra rappresenta l’incontro di Cristo con la Samaritana al Pozzo, tradotto in pittura, con alcune varianti rispetto alla prova grafica, nel dipinto oggi conservato alla Galleria Estense di Modena.
 
Non mancano due fogli di Donati Creti, detto il Ragazzino (Cremona 1671 - Bologna 1749). Il primo, con la Testa di vecchio barbuto di profilo,è cosa giovanile e di forte carattere, sebbene si tratti, come spesso accade, di una testa ideale. L’altro è uno splendido Ecce Homo, legato in qualche maniera ai suoi fogli eseguiti al tempo del restauro dell’affresco di Ludovico Carracci nell’Oratorio dei Filippini a Bologna (1731). A questi si affiancano due disegni di Domenico Maria Fratta (Bologna 1696 - 1763), di Creti forse il miglior allievo, assai dotato sia nell’incisione sia nel disegno. Il primo è di soggetto tassesco; l’altro, con un Paesaggio arcadico, imita nello stile e nel soggetto i fogli sognanti del suo maestro.
 
E’ realizzato da Giuseppe Varotti (Bologna 1715 - 1780) l’episodio dell’Antico Testamento di Agar e l’Angelo.
Allievo del padre Pier Paolo, Giuseppe Varotti fu disegnatore e bozzettista esponente di spicco del così detto Barocchetto bolognese che lentamente riportava entro canoni di misurata leggerezza le ricche soluzioni estetiche del Barocco.
 
Saranno poi presenti in mostra alcuni fogli dei Gandolfi. Ubaldo (San Matteo della Decima, Bologna 1728 - Ravenna 1781) e Gaetano (San Matteo della Decima, Bologna 1734 - Bologna 1802), formati entrambi all’Accademia Clementina.
Del primo, che ebbe un’importante carriera ben oltre le “mura cittadine”, saranno presenti alcuni disegni a carattere mitologico e un inedito Studio di nudo maschile.
Di Gaetano Gandolfi, che dopo un viaggio di formazione a Venezia dove si aggiornò sulle novità stilistiche dell’epoca divenne uno degli esponenti di punta della pittura bolognese, sono presenti numerosi fogli, tra i quali una bellissima serie raffigurante quattro episodi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio. Si tratta di prove grafiche tarde che vedono lo stile del maestro “neobarocco” virare verso un recupero più deciso dell’eredità classica, sia nella scelta dei soggetti che nelle inflessioni neoclassiche dello stile.
Coetaneo di Gaetano, ma pittore diversissimo per formazione e stile, Pietro Giacomo Palmieri (Bologna 1737 - Torino 1804) sarà presente in mostra con una coppia di grandi fogli firmati e datati 1789, raffiguranti Scene campestri, genere amato dall’artista.
 
Il secolo si conclude con una ricca selezione di disegni di Felice Giani (San Sebastiano Curone 1758-Roma 1823), pittore formatosi a Bologna presso Gaetano Gandolfi e figura di spicco del Neoclassico. Tra le tante opere sarà esposto un piccolo foglio inedito della sua giovinezza che ritrae una madre in un interno domestico intenta a leggere un libro al suo bambino.
 
La mostra inoltre presenterà un’assoluta novità: “strizzando l’occhio” alle grandi manifestazioni internazionali come il Salon du Dessin di Parigi, la galleria Maurizio Nobile allestirà una stanza dedicata ai disegni anonimi. L’iniziativa permette di esporre opere bellissime, ma che ancora non hanno trovato un autore.
L’idea è quella di stimolare l’interesse dei collezionisti, conoscitori, giovani studiosi e storici dell’arte, solleticando la curiosità e l’insaziabile passione di chi ama e apprezza l’arte.
La mostra sarà corredata di un catalogo a cura di Marco Riccòmini.
 
Marco Riccòmini: suo è il catalogo ragionato dei disegni di Donato Creti presso la Fondazione Giorgio Cini di Venezia (Donato Creti: i disegni della raccolta Certani alla Fondazione Giorgio Cini. Marsilio, Venezia 2011), quello ragionato delle opere su carta di Donato Creti (Donato Creti. Le opere su carta. Catalogo ragionato. Allemandi, Torino 2012), e quello dei disegni e delle stampe di Giuseppe Maria Crespi detto lo Spagnolo (Giuseppe Maria Crespi. I disegni e le stampe. Allemandi, Torino 2014). Recentemente ha curato per la Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna il catalogo della mostra Figure del tempo Barocco. Dipinti dell’Opera dei Poveri Vergognosi (Bologna 2016). Numerosi sono poi i suoi articoli e saggi su riviste specializzate e cataloghi di mostre.
 
LA GALLERIA
 
Maurizio Nobile comincia la sua attività di antiquario nel 1987 a Bologna nella prestigiosa cornice di Piazza Santo Stefano, specializzandosi in oggetti, sculture, dipinti e disegni dal XVI al XXI secolo.
Nel 2010 apre una sede a Parigi in 45 rue de Penthièvre, nel cuore antiquario della capitale francese.
Socio dell’Associazione Antiquari d’Italia e della SNA (Syndicat National des Antiquaires), Maurizio Nobile alterna a mostre in galleria la partecipazione alle manifestazioni antiquariali italiane più importanti, quali Paris Tableau, Biennale des Antiquaires di Parigi, London Art Week, Biennale internazionale di Firenze, Biennale internazionale di Roma.
L’attività espositiva nelle sue due sedi, Bologna eParigi, segue un fitto calendario annuale di presentazione delle novità. La galleria ha all’attivo una quindicina di cataloghi d’arte.
vernissage: sabato 12 novembre 2016
 
 
INFORMAZIONI UTILI:
 
TITOLO EVENTO: FOGLI BAROCCHI. DISEGNI BOLOGNESI TRA SEICENTO E SETTECENTO
 
MOSTRA E CATALOGO A CURA DI: MARCO RICCòMINI
 
SEDE ESPOSITIVA: GALLERIA MAURIZIO NOBILE VIA SANTO STEFANO, 19/A, BOLOGNA
 
CONFERENZA STAMPA E PREVIEW: 3 Novembreore 11
 
INAUGURAZIONE: SABATO 05 NOVEMBRE 2016 ORE 18:00
 
DATE DI APERTURA: DAL 8 NOVEMBRE AL 23 DICEMBRE 2016
 
ORARI: MARTEDì-SABATO DALLE 11.00 ALLE 19.00
 
INFO E CONTATTI
TEL: +39.051.238363;
 
 
AGENZIA DI COMUNICAZIONE E UFFICIO STAMPA
 

 
Culturalia di Norma Waltmann
tel : +39-051-6569105 mob: +39-392-2527126
facebook: culturalia – Instagram: culturalia_comunicare_arte

Il Sito dell'Arte

Franco Menolascina. "I am” but I don’t exist

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Formaquattro presenta “I am” but I don’t exist Mostra personale di Franco Menolascina

Inaugurazione sabato 15 ottobre 2016 ore 18.00 Galleria Formaquattro, via Argiro 73, Bari In occasione della dodicesima edizione della Giornata Del Contemporaneo, la Galleria Formaquattro apre la nuova stagione con un progetto espositivo dedicato a Franco Menolascina, uno dei personaggi più di spicco in Puglia per le sue numerose partecipazioni nazionali ed internazionali. L’ esposizione prevede una selezione di opere, tra le più rappresentative, realizzate ciclicamente negli anni duemila, capaci di svelare e mettere a fuoco la straordinaria evoluzione compiuta dall’artista nel contemporaneo. Una visione completamente anarchica , egli evidenzia nettamente nelle sue opere il decadimento dell’uomo – che non è solo decadenza – raffrontandolo, spesso, con l’umano titanismo della pittura rinascimentale e post-rinascimentale. Di particolare interesse, è la tecnica che diviene atto di disvelamento palese d’ogni suo pensiero. Per chi non lo abbia ben capito, non siamo difronte all’artista dalla facile trovatina, né dal concettino facile, ci troviamo dinanzi ad una macchina molto più complessa ed articolata. Nelle sue opere risuona fortemente un modo di sentire la forma, lo spazio, il tempo, il romanticismo nostalgico, etico sin nel suo fondamento creativo-ideologico, legato ad un’ostinata necessità di mutazione di noi stessi e della natura. Franco Menolascina appartiene alla minoranza degli artisti decisi a riconquistare l’identità perduta, a modificare l’essere umano, ad identificarsi in un mondo ideale libero dai campi di concentramento, dall’oppressione, dalla schiavitù, guerra e morte. Da quando esiste la civiltà esiste un condizionamento del pensiero, ma è l’artista che cerca la liberazione per sé e per gli altri. Non è asservito al prototipo culturale omologato, egli difende la sua libertà di pensiero. Nelle sue opere polimateriche, si attesta una disperata solitudine e nello stesso tempo un amore cosmico in cui confluiscono varie motivazioni etico-esistenziali ma tutte riconducibili all’idea del riscatto dell’intera umanità attraverso la coscienza della raffigurazione. Lacera il velo dell’ipocrisia e dell’impotenza critica della società globalizzata, rilevando l’incoscienza e l’ambiguità dove l’uomo vive la morte della sua identità. Egli assolve al compito, morale prima che artistico, di mettere in luce ciò che vi è di invisibile, ciò che vi è di inesplicabile nella natura. L’artista offre all’osservatore una visione che in qualche modo, tramite la sua coscienza, gli permette di percepire l’apparire in tutta la sua significazione della condizione umana. In sintesi vi è una spaccatura ineliminabile che si viene a creare: l’uomo è obbligato a conquistare un’essenza che sente conquistata ma che non comprenderà mai nella sua interezza. Si può affermare che la ricerca di comprendere diverse riflessioni su vari argomenti che possono essere rintracciati, in generale nella storia e in particolare nella quotidianità e sui quali l’artista medita nel tentativo di scoprire nuove positività e possibili proposte per la formazione di un uomo libero e migliore. D’altronde la condizione umana presentata nelle sue opere, denota una logistica compositiva tutta protesa a porre la domanda sull’angoscia e la solitudine umana ma dall’altra parte lasciando il posto ad una intima riflessione sulle motivazioni classiche nel tentativo di scoprire interpretazioni che possano trovare una risposta edificante.

Franco Menolascina nato a Bari nel 1948 dove vive e lavora, fondatore 1975 con Mimmo Conenna della Cooperativa Esperienze Culturali. Si interessano al suo lavoro critici come Enrico Crispolti, Miklos N. Varga, Lara Vinca Masini, Giovanni Testori, Roberto Sanesi, Pietro Marino, Marcello Vunturoli, Marco Valsecchi, Renzo Margonari, Graziano Menolascina, Massimo Bignardi, Vittorio Sgarbi, Marco Ancora, Elisabetta Longari. Le sue opere si trovano in Gallerie e Musei d’Italia ed Estero. Nel 1973 vince il XXVII Premio F.P. Michetti, nel 1976 X Biennale Internazionale Campione D’Italia_ Museo Mondiale del Pattinaggio Finale Emilia. Nel 1980 Primo Premio XVII Aldo Roncaglia _nel 1982 Museo Ca Pesaro di Venezia sull’arte fantastica in Italia_ invitato al Museo d’Arte Contemporanea di Bilbao_ nel 1983 invitato da E.Crispolti e Vittorio Fagone a AB Origine Presenze Pugliesi nell’Arte Contemporanea allo Studio Carrieri Martina Franca, nel 1985 sempre invitato da E. Crispolti alla Fortezza Medicea di Siena per Una Nuovissima Generazione nell’Arte italiana_ nel 1986 partecipa alla XI Quadriennale di Roma_ nel 1988 partecipa alla Biennale Internazionale del Mare Castel dell’Ovo Napoli_ successivamente alla X Biennale Internazionale d’Arte Fantastica Casal Pusterlengo Milano_ nel 1992 vince come primo classificato al XXIII Premio Suzzara_ nel 1999 inaugura il nuovo spazio della Galleria Spazio Annunciata di Milano con mostra personale “Game Over”_ nel 2000 partecipa alla rassegna “Carta Canta” nella Galleria Barbara Behan di Londra_ nel 2004 partecipa a The Art Card, Sharjan Museum, Emirati Arabi_ partecipa al Progetto Esserci, Padiglione Italia a invitato da Philippe Daverio e Jean Blanchaert 51° Biennale d’Arte di Venezia_nel 2011 partecipa alla 54° Biennale d’arte di Venezia, Puglia - Padiglione Italia – a cura di Vittorio Sgarbi.

Inaugurazione sabato 15 ottobre 2016 ore 18.00 Dal 15 ottobre al 19 novembre 2016 

FORMAQUATTRO srl 
Via Argiro 73, 70121 Bari 
Tel 080 9675720
info@formaquattro.com





Elio Castellana. Ad un tratto e per sempre

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Interno 14: “Ad un tratto e per sempre” di Elio Castellana
con un testo critico di Fabrizio Pizzuto

14 ottobre 2016 ore 18.30 | Interno 14 | Via Carlo Alberto 63 Roma

Il giorno 14 ottobre 2016 alle ore 18.30 Interno 14_lo spazio dell’AIAC – Associazione Italiana di Architettura e Critica presenta “Ad un tratto e per sempre”, mostra fotografica di Elio Castellana con un testo critico di Fabrizio Pizzuto.

“Ad un tratto e per sempre” è il primo lavoro totalmente fotografico dell'artista che, proprio attraverso il medium della fotografia così legato per sua natura al rapporto fra l'esserci e il mancare, si confronta col tema della perdita. Un lavoro severo e poetico che fonda la sua struttura sulla fragilità emozionale da cui sorge.

“(...) Le cose della vita sono nella cornice incastonate, sono mura di case vissute, sono la decadenza del ricordare, sono la danza della sopravvivenza. Questo avviene anche nel lavoro di Elio Castellana.

“Ad un tratto e per sempre” è un lavoro fotografico e poetico. Queste mura, fotografate, vivono e si realizzano nella mente in un continuo zoom, dentro fuori, dettaglio insieme, sono stanze della mente, mura che andranno appese su muro.

Tutto si fa senso nel perdersi alla luce, fotosintesi, foto e sintesi, sintesi della foto oppure operazione di filtraggio e rinascita, rielaborazione, clorofilla, linfa vitale.

L'assenza è sempre una presenza. La presenza di un assente. Un elefante che cammina non visto dentro ad una stanza. Siamo tutto quello che siamo stati. E lo siamo ancora, anche se sanati. Le chiamano cicatrici ma sono pezzettini del corpo.

Lo zoom adesso diventa uno zoom intimo. Non solo dettaglio, particolare e universale, ma interno ed esterno, intimo e palese. Nel luogo dentro cui siamo che è il nostro corpo, intimo ed esteriore, ci stiamo. Ci muoviamo come gatti con gli occhi spalancati per vedere al buio. Stringendo nel dettaglio, approfondendo con la visione, c'è il cuore e con lui le assenze e l'odore di quello che non c'è più. Allargando c'è invece la vita dentro cui ci si perde.

In mezzo c'è una penombra, buio dentro cui ritroviamo oggetti, sui comodini del tempo, senza la polvere, vivi e nel passato. Alzando la testa una luce e il colore sembrano apparire alla fine delle stanze. Abbiamo speranza, abbiamo mano, natura, cuore, aria.

Questa in definitiva è anche la vita dell'immagine, dell'immaginario che ha per referente la realtà, astratta in quanto selezione, abstract, estratto, che significa anche prelevato.” (Fabrizio Pizzuto)
Elio Castellana (Brindisi, 1971) artista visivo e fotografo, opera sul confine tra realtà e finzione, freddezza e incandescenza, utilizzando diversi media, dall’installazione,al video, alla performance, alla fotografia. La sua esperienza come regista e come psicologo sociale lo portano ad utilizzare strumenti concettuali come la sospensione dell’incredulità, la giustapposizione di elementi incoerenti e il ribaltamento del senso comune come chiavi per indagare le tensioni spirituali e i paradossi che permeano l’immaginario visivo contemporaneo, con un focus specifico su temi come l’identità, la morte, la sessualità, la rappresentazione del sè e del prodotto artistico. Nel tempo si confronta con artisti e performer, collaborando e partecipando al lavori linguisticamente diversi. Le sue opere sono state ospiti in sedi istituzionali e non, come Palazzo delle Esposizioni Roma, Teatro Parenti Milano, Istituto Svizzero di Cultura – Istituto di Romania Roma, Teatro India Roma, Accademia di Ungheria Roma, Museo Nazionale di Cosenza, gallerie private, luoghi d’arte non convenzionali come il MAAM e il Forte Prenestino di Roma e in vari festival cinematografici; alcuni dei suoi video sono stati prodotti e trasmessi da Sky Cinema Italia. Fra le mostre più recenti ricordiamo “Open Space 2” presso la Galleria Nazionale di Cosenza, “Ribirth day” al MAAM di Roma, “Artsiders” presso la Galleria Nazionale dell’Umbria a Perugia, “Ostrale ’15” a Dresda Germania e l’installazione “In nomine” presso la Galleria Spazio Y Roma. Vive e lavora fra Roma e Brindisi.

La mostra è visitabile dal 15 al 21 ottobre 2016 su appuntamento: T. +39 3494945612

“Ad un tratto e per sempre” di Elio Castellana aderisce all’11° Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI: la mostra sarà visitabile il 15 ottobre dalle 17 alle 21.

L'iniziativa non si prefigge finalità commerciali di alcun genere, ma fa parte delle attività culturali dell'associazione. L'evento sarà strettamente su invito e prenotazione: mandare una mail a uffstampaaiac@presstletter.com

Associazione Italiana di Architettura e Critica

UFFICIO STAMPA AIAC
Roberta Melasecca
uffstampaaiac@presstletter.com
tel. 349 4945612
per info eventi: www.presstletter.com


PAUL ATHANAS | Hidden Intentions _ Intenzioni nascoste Mostra fotografica a cura di Barbara Martusciello

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PAUL ATHANAS | Hidden Intentions _ Intenzioni nascoste Mostra fotografica a cura di Barbara Martusciello In collaborazione con Rotarian Gourmet Inaugurazione: lunedì 24 ottobre, ore 18.00 in occasione di Roma Art Week 2016 EVASIONI Studio, via dè delfini 23, Ghetto-zone, Roma



PD (Paul) Athanas, autore americano con una provata esperienza nel campo della Fotografia, espone per la prima volta a Roma, città dove, tra le mete dei suoi tanti viaggi, ha una residenza.

In questa personale, a cura di Barbara Martusciello, sono state selezionate una serie di immagini che fermano la quotidianità, quasi sempre metropolitana, rintracciandone la sua peculiare bellezza. In queste panoramiche, è dominante la riflessione, il rispecchiamento, il riverbero caratterizzati dalla presenza di finestre, vetrine, elementi architettonici o urbani geometrici che l’inquadratura rende fondamentali della composizione visiva. Tale particolarità dà corpo a una sorta di misteriosa narrazione indirettamente esaltando un pensiero laterale evidenziato anche nel titolo della mostra: Hidden Intentions (Intenzioni nascoste). E', questa, una citazione di Oblique Strategies(sottotitolo: Over One Hundred Worthwhile Dilemmas), l’opera-congegno di Brian Eno e Peter Schmidt volta a facilitare negli artisti (in particolare i musicisti), la rimozione di ogni blocco creativo per una liberazione espressiva e della propria singolarità. PD Athanas la riecheggia proprio riferendosi a questo affrancamento e a tale possibilità liberatoria.

Superfici riflettenti in cui il soggetto immortalato raddoppia, o si fa evanescente, si sovrappone ad altri elementi della scena, o aperture da cui si intravedono figure, e, ancora, panoramiche di sguincio, che sono caratteristiche delle fotografie di Athanas, e che potrebbero apparire come un disturbo per la purezza fotografica, per la nettezza  del punto di vista, si palesano, invece, caratteristica distintiva dell’autore e dispositivo che rivela "un'intenzione nascosta”, secondo la strada suggerita da Eno e Schmidt nel 1975 (“Honor your mistake as a hidden intention”). La modalità sequenziale non necessariamente porta a risultati rilevanti, segnalano Eno e Schmidt: un’indicazione che è accolta anche da Paul. Infatti, e così,  è pertanto necessaria una variazione di posizione, di punto di osservazione sulla realtà  che sia altro, che incornici inesplorate angolazioni: qualcosa che PD Athanas sa fare benissimo e ci fa vedere in questa sua mostra italiana.

L’evento, che rientra in Roma Art Week 2016, è tra le iniziative promosse daRotarian Art Gourmet _ http://www.rotariangourmet.it/

 

Una tappa della mostra è ospitata giovedì 27 ottobre, dalle ore 19.00, nell’ambito dell’Electonic Art Cafè a cura di Umberto Scrocca da Camponeschi, Piazza Farnese 52 Roma

 

Info mostra

PAUL  ATHANAS | Hidden Intentions _ Intenzioni nascoste |Mostra fotografica a cura di Barbara Martusciello | In collaborazione con Rotarian Gourmet  - Inaugurazione: lunedì 24 ottobre, ore 18.00 in occasione di Roma Art Week 2016 - Dal 24 ottobre al 7 novembre 2018 - EVASIONI Studio,  via dè delfini 23, Ghetto-zone, Roma.

Solo giovedì 27 ottobre, mostra-evento dalle ore 19.00, nell’ambito dell’Electonic Art Cafè a cura di Umberto Scrocca da Camponeschi, Piazza Farnese 52 Roma

 
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